ROBERTO OLIGERI
Cronaca

Bertolini ricorda l’eccidio di Mommio: "Quegli otto cadaveri nella scarpata. Sento ancora le urla dei parenti"

Fivizzano, parla il testimone oggi 96enne: "Avevo 15 anni, corsi subito in paese a dare l’allarme"

Fivizzano, parla il testimone oggi 96enne: "Avevo 15 anni, corsi subito in paese a dare l’allarme"

Fivizzano, parla il testimone oggi 96enne: "Avevo 15 anni, corsi subito in paese a dare l’allarme"

Alfio Bertolini di Sassalbo è un personaggio incredibile. Nato nel lontano 1929, è perfettamente autonomo, d’aspetto giovanile e dotato di una memoria prodigiosa. Racconta della sua vita di emigrato in Francia, a fare il boscaiolo nel Massiccio Centrale, per anni ad abbattere piante con l’ascia. Ricorda ancora nel gennaio del 1937 quando Sassalbo venne sepolta da metri di neve e morì sua nonna Giuditta, a 101 anni, la cui bara venne calata con le corde dalla finestra perché la porta non si poteva aprire, sbarrata da un muro di neve e ghiaccio e tutti gli uomini del paese aprirono un varco coi picconi nel borgo per raggiungere il cimitero. E Alfio, incontrato alla commemorazione, domenica scorsa, per l’eccidio di Mommio, rende la testimonianza di quella tragedia.

"La mattina del 6 maggio ’44, con altri paesani, io avevo 15 anni, eravamo andati a fare legna da ardere nella zona della Casa Cantoniera a fianco della statale 63 del Cerreto. A un certo punto, scendendo sotto strada, dove c’è la grande curva a gomito, la scoperta: 8 cadaveri, tutti uomini giovani crivellati di colpi il giorno prima dai tedeschi e gettati per la scarpata. Mandarono me, il più giovane, di corsa a Casa Giannino per dare l’allarme. Dal paese giunsero con tre carri trainati da cavalli a caricare i morti; nessuno di questi era di Sassalbo ma li conoscevamo tutti, perché erano delle borgate vicine. Ricordo uno di loro, un maestro, di Bottignana. Arrivammo la sera a portare alla famiglia il poveretto, gettato sul carro. Ho ancora nelle orecchie le urla di dolore della giovane moglie. Se ricordo cosa accadde agli inizi di luglio di quell’anno a Sassalbo? Altrochè – risponde – era successo che il 30 giugno in uno scontro coi partigiani nella zona del Valico era stato ucciso un soldato tedesco; la mattina dopo il paese era circondato dalle truppe naziste. Il loro comandante (il tenente SS Herbert Andorfer, ndr) che parlava un discreto italiano, fece radunare tutti gli abitanti, salì su uno sgabello e disse: “essendo stato ucciso un nostro camerata, bruceremo il paese“. Fu il parroco, don Bertoni, un prete davvero mandato dalla Divina Provvidenza a salvarci. Spiegò all’ufficiale che il loro soldato era stato colpito da partigiani dell’Emilia, che il paese non c’entrava, garantendo che in nessuna casa di Sassalbo vi erano armi. Il tenente non gli credette, dette ordini alla truppa di perquisire ogni abitazione del paese. Non fu trovato assolutamente nulla; i soldati però razziarono tutto il vino trovato e tutto il formaggio delle 32 famiglie di pastori che vivevano in paese. Quattro giorni dopo, il 5 luglio - senza alcun motivo i tedeschi uccisero tre nostri giovani compaesani che erano andati nella vicina Camporaghena dal parroco don Baldini, uccidendo pure lui. Unicamente per il piacere di uccidere".

Roberto Oligeri