"Basta nuove concessioni" Marmo, il Cai all’attacco

I vertici del Club Alpino Italiano riuniti al rifugio Carrara di Campocecina . Presentato un degalogo di 9 punti per "smettere di distruggere la montagna"

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Ridurre le attività di estrazione del marmo e salvaguardare le zone di pregio del parco delle Apuane. È il gotha del Club Alpino Italiano, riunito al Rifugio Carrara di Campocecina, ad intervenire sul delicato tema che da anni si trova al centro di dibattiti e conflitti fra istituzioni, ambientalisti e proprietari di cave. In un documento il Cai Toscana si scaglia contro la devastazione e la distruzione della montagna, "una perdita irrecuperabile perché eterna. La distruzione ambientale non viene contemplata nei registri aziendali né in quelli delle amministrazioni locali che guardano ai dati di produzione fingendo di ignorare che per ogni tonnellata di marmo ottenuta se ne perdono almeno quattrocinque di montagna. La Regione Toscana – prosegue il documento –, in nome dello sviluppo sostenibile e per evitare che le cave di marmo diventassero cave per inerti, aveva imposto per ogni cava una resa minima del 25%, regola non rispettata dalle aziende estrattive né da chi dovrebbe controllare e non lo fa, cioè i Comuni e la Regione stessa".

Secondo i vertici del Sodalizio "il quadro è complesso da qualsiasi angolo lo si osservi. Non per questo ci si può esimere di dare delle risposte che ci competono". Il Cai, tuttavia, precisa di non essersi "mai schierato per una cessazione totale dell’attività estrattiva" ma vuole evidenziare i numerosi aspetti per i quali auspica la realizzazione o alcune modifiche sulla base del piano paesaggistico della Toscana, che definiva una chiusura progressiva delle cave nelle aree contigue all’interno del Parco istituito nel 1985 e inserito nella rete dei geoparchi Unesco.

Il Cai, quindi, nei 9 punti propone l’introduzione di un divieto di nuove concessioni di cava e di rinnovo di quelle esistenti a quota superiore ai 1200 metri, ma anche il rispetto della normativa italiana e europea sulla salvaguardia delle acque superficiali e carsiche e della biodiversità oltre alla definizione del recupero ambientale delle cave dismesse e l’eliminazione dei numerosi rottami e detriti abbandonati, "che spesso giacciono sulle montagne a causa di un esclusivo rimpallo di competenze tra enti".

Inoltre, il Sodalizio sostiene anche di riportare la percentuale del rapporto tra blocchidetriti in modo tale da privilegiare la resa in blocchi (e la lavorazione in loco), evitando l’autorizzazione implicita di cave di soli detriti, di definire limiti severi sulla qualità del materiale scavato e processi più efficaci e continui di monitoraggio dei volumi estratti, delle modifiche paesaggistiche e degli impatti ambientali. Negli ultimi tre punti, infine, il Cai Toscana chiede agli enti competenti di stabilire un censimento sulla reale destinazione del materiale scavato e sull’indotto e di prevedere che le imprese che operano nel territorio conseguano un adeguato livello di certificazione ambientale oltre a ridefinire le procedure di concessioneautorizzazione nonché una nuova visione ed un nuovo contesto normativo per l’utilizzo dei beni civici, "che devono costituire un vero fattore di crescita delle comunità e non limitarsi ad una generica fonte di introiti per le casse comunali".

Alessandro Salvetti