
Nei giorni prima del 25 aprile 1945, ebbero luogo feroci combattimenti fra le truppe americane, quelle tedesche e della Repubblica Sociale. Fra Tendola e San Terenzo Monti dal 20 aprile ‘45 al pomeriggio del 23, si svolse l’ultima battaglia della Lunigiana. I due borghi vennero liberati dai Nisei, soldati di origine asiatica, figli di immigrati giapponesi e hawayani, fra cui il 21enne tenente Daniel Inouye, il “liberatore di San Terenzo”. Rientrato in patria divenne prima Senatore e nel 2010 presidente del Senato americano.
Il 442° Team dei Nisei avanzava per prendere in una sacca sulla statale 63 la 148ª Divisione di Fanteria del generale Fretter: ben 15.000 uomini con centinaia di mezzi e animali da tiro alla ricerca di un valico sull’Appennino per fuggire. Il comando tedesco ordinò di fare una linea difensiva con trincee sul Colle Musatello, di fronte a San Terenzo Monti. Qui i tedeschi riuscirono per qualche giorno a bloccare l’avanzata USA. Uno stallo risolto dal tenente Inouye che condusse gli uomini in una manovra di accerchiamento.
L’ufficiale viene ferito al braccio destro, che gli verrà poi amputato, rifiuta il soccorso e guida gli uomini all’assalto: 25 tedeschi vengono uccisi e 8 fatti prigionieri. Dopo il cedimento del Colle Musatello, soldati della Repubblica Sociale ad Aulla e truppe tedesche ricevono l’ordine di dirigersi a San Terenzo e “resistere fino all’ultimo uomo” per permettere a Fretter di ritirarsi attraverso il Passo della Cisa. Di fronte alla resistenza gli americani bombardarono dalla mattina del 22 all’alba del 23. Alle 9 del 23, scesi dal Musatello, i Nisei, attraversato il torrente Pesciola muovono all’assalto del paese. Chinca Luisa, la signora ricevuta il 25 agosto 2019 dai Presidenti della Repubblica Italiana e di Germania in visita a Fivizzano, allora aveva 6 anni: "Un bombardamento terribile - ricorda la testimone - molte case erano disintegrate, un vicino, Sante Novelli, era morto, mio fratello di 9 anni venne ferito e mio padre con la forza della disperazione l’aveva portato all’ospedale da campo tedesco dove l’ufficiale medico gli prestò le prime cure. Io ero in casa sola con mia nonna - racconta la signora - . Il 19 agosto dell’anno prima le SS avevano ucciso mia mamma e 4 miezie...; fuori c’era il cadavere di un soldato tedesco: giovane, bello, con i capelli biondi e gli occhi azzurri aperti verso il cielo. Mi porto dietro questa visione da 76 anni. Finito il bombardamento, si apre la porta della cantina dov’ero e vedo un soldato con i lineamenti strani e un fucile: ho urlato, era il primo uomo di colore che vedevo. Alle grida era accorso Mario Oligeri, l’oste a cui le SS avevano sterminata la famiglia. Aveva lavorato in America e in inglese gridò al soldato di andarsene, eravamo solo civili con donne e bambini; il militare si scusò e si allontanò. I giorni dell’Apocalisse li ho già vissuti...". Adelita Musetti aveva 5 anni ed era con la madre Alba Terenzoni, la donna che nell’estate 1944 riuscì a fuggire al massacro di Valla salvando sè e la figlia nella fortezza Malaspina: "Quasi tutti avevamo trovato rifugio nel palazzo dell’avvocato Mazzoni; le cantine avevano le mura spesse due metri - racconta - fuori piovevano granate. Alcuni coraggiosi portarono dentro due paesani: uno, Antonio Giorgi, era già morto, l’altro, Amilcare Terenzoni, era ferito: entrambi colpiti da schegge di cannone. Dal portone sfondato abbiamo visto soldati con scarponi alti che non facevano rumore. Sono gli americani, gridò una donna, siamo liberi!". Era vero, la piazza era piena di tedeschi e republichini (ben 140) a terra con le mani dietro la testa; attorno, armati, i Nisei..
Roberto Oligeri