
Nella notte del 15 agosto di un secolo fa a San Pellegrino in Alpe, in una tenda a poca distanza dal paese, si concludeva il tempo terreno di Alfredo Caselli, il “biondino di via Fillungo”, il generoso amico degli artisti.
Aveva poco più di 50 anni in gran parte dedicati a professare ed a praticare il culto della Bellezza. Intesa come stile di vita quotidiana che si manifestava già in quella ricercata eleganza del vestire che dava la sua più immediata rappresentazione.
Elegante e raffinato Alfredo Caselli lo era sempre stato e per queste sue attitudini si era procurato una buona fama presso quella Lucca di fine Ottocento che dell’eleganza aveva fatto la sua cifra distintiva.
Se il Fillungo era un po’ il palcoscenico di questa Lucca, il caffè che si affacciava verso il centro di questa via, il Caffè Caselli, era il luogo dove si celebrava il culto della Bellezza. Sacerdote di questo culto, mal visto e mal tollerato dai guardiani della tradizione, era Alfredo Caselli che già quando il padre Carlo era in piena attività, aveva cominciato a trasformare il Caffè in un ospitale asilo degli artisti e dei letterati.
Per il padre questa vocazione culturale del figlio doveva essere curata, al pari di una malattia perniciosa, ma non riuscì a trovare l’antidoto per sanarla. Una volta passato il caffè nelle sue mani il giovane Alfredo non perse tempo per imprimere la sua impronta nella conduzione del locale.
Lo fece ampliandone l’attività fino a trasformarlo in una sorta di Gran Bazar dove potevi trovare le ricercatezze delle più fornite drogherie: un insistente profumo di spezie aleggiava per tutta l’aria insieme a quello della torrefazione del caffè.
L’iniziativa, non solo commerciale, che meglio riuscì ad Alfredo Caselli fu la creazione e la produzione di speciali caramelle all’essenza di frutta e di fiori che gli valsero significativi riconoscimenti alla Fiere Internazionali. Un’operazione ben riuscita, ma Alfredo seppe fare di più e meglio: per la carta che doveva avvolgere le caramelle fece riprodurre i disegni di quel Codice Sercambi considerato uno dei simboli della più bella storia di Lucca. Operazione promozionale che volle ripetere facendo realizzare una serie di cartoline a colori con le scene di quel testo sacro alla cultura cittadina. Per la cronaca si aggiunge che delle caramelle profumate del Caselli era vorace consumatore il brigante Musolino, in carcere a Lucca per il processo.
Conosciuta la cosa Giovanni Pascoli ne trasse lo spunto per comporre una poesia in onore di Alfredo Caselli assimilando la sua creazione dolciaria al miracolo della poesia. Quello con Giovanni Pascoli fu sicuramente il legame più intenso stretto da Alfredo Caselli che trovò nel poeta l’agognata chiave d’accesso all’arcano regno della Poesia creatrice del Bello e del Buono. Per Pascoli Alfredo Caselli fu il provvidenziale uomo di fiducia capace di risolvere ogni genere di incombenza da quelle più banali a quelle ben più impegnative come la vendita delle medaglie d’oro per poter far fronte alle spese per l’acquisto della casa di Castelvecchio. Operazione che il Caselli riuscì a perfezionare con la collaborazione dell’orafo Carli di via Fillungo.
Spesso ospite del caffè e della casa di Alfredo, il poeta fu accolto come nume tutelare dalla compagnia di artisti e letterati che frequentava il “rifugio” di via Fillungo : Manara Valgimigli, Gabriele Briganti, Nicola Farnesi, gli scultori Andreotti, Petroni , Fazzi, i pittori Norfini , Ghiselli, Nomellini, e Lucchesi. Un’eletta compagnia di “nobili spiriti” che vivacizzò la fin troppo quieta scena cittadina.
Della stessa dedizione riservata a Pascoli Alfredo Caselli dette prova ad Alfredo Catalani ed a Giacomo Puccini che ebbero nel “biondino di via Fillungo” un amico sincero, un devoto e generoso sostenitore. In quella Lucca, dalla quale per via dello scandalo Bonturi, Puccini si doveva tenere alla larga, il caffè Caselli rimase solo a presidiare il territorio ostile ed ogni successo del Maestro in Italia ed all’estero veniva immediatamente comunicato alla città dai manifesti e dai giornali che erano esposti nelle sue vetrine.
Per il ruolo svolto in città, per la sua instancabile azione in difesa di Lucca e dei suoi monumenti era da immaginare che la sua morte avrebbe suscitato un vasto cordoglio. Ma non fu così e dell’indifferenza di Lucca si lamentò il giovane Amerigo Vanni sulle colonne del battagliero “Gattino di Gesso” dove si scaglio contro i “lucchesi immemori e sconoscenti” che non avevano onorato Alfredo Caselli. Un articolo sconosciuto, che ho potuto consultare grazie alla sensibilità della dottoressa Monica Mariangeli, direttrice della Biblioteca Governativa, dove si conservano le carte appartenute ad Alfredo Caselli.
Un articolo quello di Vanni da leggere e da meditare: è passato un secolo e se non vi avessero provveduto il Rotary e la Fondazione Pascoli di questo grande lucchese non ci sarebbe stato degno ricordo.
Amara conclusione che suona rampogna per chi poteva e doveva fare e non ha fatto. Ma io, da inguaribile ottimista, continuo a sperare in un segno di vitalità di Lucca: qualcuno intenzionato a difendere Lucca ci dovrà pur essere.