
Tornano nuovamente ad accendersi i riflettori sugli esiti del processo che ha visto l’imputato Simone Baroncini di Pisa, condannato prima a 30 anni di reclusione poi ridotti in appello a 16 per il femminicidio della ventenne Vanessa Simonini di Gallicano, non riuscire a onorare la sentenza definitiva che nel 2013 imponeva anche il risarcimento.
Il suo stato di nullatenente ha impedito qualsiasi possibile tipologia di indennizzo economico e i legali della famiglia di Vanessa Simonini, uccisa brutalmente il 7 dicembre del 2009 e ritrovata priva di vita sul greto del fiume Serchio poco distante da casa su stessa segnalazione del Baroncini che aveva tentato di simulare un incidente, si sono rivolti alla Presidenza del Consiglio per ottenere anche giustizia civile. Questo, alla luce del fondo governativo per le vittime di reati violenti che non ha però funzione risarcitoria, ma in casi specifici offre un contributo forfettario di indennità. L’arrivo della sentenza, pubblicata venerdì scorso a firma del giudice Pietro Persico del tribunale di Roma, ha di fatto messo un punto su qualunque possibile iter giudiziario sulla tragedia che ha colpito non solo la famiglia e gli amici di Vanessa, ma una Valle intera e oltre. Il tribunale ha stabilito che ai soli genitori, e non anche alle sorelle come richiesto, andranno 25mila euro a testa, sul massimale previsto dal fondo che si aggira sui 60mila euro.
"L’indennizzo, in quanto beneficio legale volto a garantire un contributo per le vittime di reati violenti contro la persona che non riescono ad ottenere il risarcimento – si legga nella sentenza del 31 marzo scorso – Tale beneficio non è equipollente al risarcimento integrale del danno subito dalla vittima di reati contro la persona, rimanendo pur sempre pienamente responsabile per l’intero ammontare del danno l’effettivo autore del reato. I singoli Stati membri dell’Ue mantengono un margine di discrezionalità per la quantificazione dell’indennizzo che deve comunque essere congruo e adeguato. Non vi sono ragioni per non ritenere congruo e adeguato l’importo già erogato in favore degli aventi diritto, trattandosi di un importo che non può ritenersi certamente irrisorio e che risponde adeguatamente alla funzione indennitaria e non risarcitoria".
Nessun particolare commento arriva al momento dai diretti interessati, anche se la perplessità sulla sentenza si legge tra le righe delle poche parole che in queste ore sollecitano la mamma di Vanessa, Maria Grazia Forli, a proseguire nella sua battaglia indomita contro la violenza di genere, grazie alla sensibilizzazione sul tema intrapresa da subito e sempre più attiva. Fio.Co.