
La Soprintendenza avrebbe fatto uno scatto avanti, in questi giorni, sulla vicenda degli antichi arredi del fondo ex Ristori, ponendo su di essi il vincolo che, sorprendentemente, non c’era. "A noi non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale in merito – dichiarano gli ex gestori di Ristori Essenza del Gusto, Massimo e Maurizio Micheli, Marco Toschi e Gennaro Amone –. Se così fosse non può che trovare la nostra piena disponibilità e rispecchiare i nostri intenti poiché tempo fa avevamo già contattato la Soprintendenza per chiedere un incontro ufficiale proprio in merito alla nostra piena disponibilità nel vincolare gli arredi”. “Si parla di un fascicolo del 2012 per avviare il procedimento di vincolo. Ci sorprenderebbe non poco visto che nonostante le nostre quattro richieste scritte inviate all’ufficio vincoli in data 18 aprile, 19 maggio, 20 maggio e 26 maggio, nessuno ha mai menzionato questo fascicolo, anzi, come risposta ci è stato inviato il Decreto che documentava l’assenza di vincolo sugli arredi”.
Gli ex gestori chiariscono poi che a fronte di obblighi contrattuali verso la proprietà del fondo, non interessata agli arredi, a fronte dalla mancanza di qualsiasi tipo di protezione a livello storico e artistico e a fronte della volontà di assumersene la responsabilità anche in quanto proprietari, lo smontaggio è stata l’unica scelta.
“Micheli, Toschi e Amone - dichiara il legale, avvocato Stefano della Nina – non hanno compiuto nessun atto illegittimo, limitandosi solo a ciò che costituiva un obbligo contrattuale verso il proprietario in merito agli arredi e anzi assumendosene la responsabilità anche del valore artistico e rispettando la corresponsione delle mensilità del canone nell’ambito dell’accordo contrattuale.“ Gli ex gestori dichiarano che “non è stato asportato alcun sanitario dal bagno (si è addirittura parlato di un bidet in verità mai esistito), bagno peraltro completamente realizzato e accatastato esclusivamente a spese di Toschi, Micheli e Amone e di cui adesso la proprietà si ritrova a poter disporre. Non è stato smantellato nessun pavimento, solo rimosso a regola d’arte il parquet posizionato dagli ex gestori sopra una vecchia moquette non adatta a ospitare una cioccolateria“. L’avvocato puntualizza anche che gli ex gestori “non risultano affatto inadempienti sui 3.800 euro mensili previsti dal contratto. Dopo l’aumento del canone di ben mille euro mensili a partire da marzo 2019, sempre puntualmente corrisposti, è stata infatti proposta alla proprietà, proprio in conseguenza della necessità di rivedere il piano industriale a causa dell’emergenza, una riduzione per la durata dell’emergenza stessa“.
“A fronte di flussi di cassa drasticamente in calo, di un locale di metratura ridotta che non avrebbe consentito le misure di distanziamento, il rifiuto di vedersi ridurre il canone ha decretato l’impossibilità di proseguire l’attività – continua la replica ai proprietari del fondo –. Ci è stata proposta solo una riduzione dell’affitto del 50% per i tre mesi di lockdown, addirittura meno di quanto previsto dal Decreto ministeriale. E non poteva bastare".
Laura Sartini