Puccini e Dante quel legame profondo e intenso

Il Maestro portava sempre con sé un’edizione tascabile della Divina Commedia. Le curiosità

Migration

Aveva con sé una Divina Commedia tascabile che leggeva in viaggio, anche quel giorno fatale in cui sul treno Milano Torino incontrò Corinna, la giovanissima donna torinese fonte di tanti guai. Era il 19 febbraio 1900 e Giacomo Puccini si recava al teatro Regio del capoluogo piemontese per una rappresentazione di “Tosca”. In questo caso Galeotto fu proprio il sommo poeta e probabilmente il canto che il Maestro leggeva, fu il pretesto di una iniziale conversazione letteraria perchè anche “Cori” era colta e sembra sia stata studentessa universitaria.

La relazione continuò tra i sospetti e le gelosie di Elvira che fu informata anche dell’incontro tra i due alla stazione di Pisa. Ma a causa dell’incidente automobilistico presso Vignola nel febbraio del 1903 che immobilizzò il maestro, forzatamente cessarono gli incontri e la relazione cessò in malo modo con spiacevoli rivendicazioni da parte della ragazza. Puccini amava Dante e conosceva profondamente la Commedia, portava con sé una copia tascabile del capolavoro.

Del resto il Maestro leggeva e conosceva molto bene anche la Bibbia e ne raccomandava la lettura alla sorella preferita Ramelde a cui scrisse: “Leggo la Bibbia, leggila è una cosa straordinaria”. Ramelde invece lo informava sulle novità letterarie dell’epoca anche perchè potevano diventare soggetti per i libretti delle opere del fratello. Per ritornare a Dante, Puccini da tanto che lo amava aveva pensato di fare leggere a Minnie, la protagonista de “La Fanciulla del West “, ai minatori un brano della Commedia poi scelse e suggerì ai librettisti il salmo cinquantunesimo: “Aspergimi d’issopo e sarò mondo”, “Lavami e sarò bianco come neve” per spiegare meglio la via della redenzione in cui si incamminerà poi il suo uomo JohnsonRamerrez, il bandito di strada che proprio Minnie redime spiritualmente e poi fisicamente salvandolo dal capestro.

Sempre la “Fanciulla” canta: “Ciò vuol dire ragazzi, che non v’èal mondo peccatorecui non s’apra una via di redenzione”. E’ curioso, il Maestro anticipa papa Francesco sulla redenzione come dono divino per tutti. Come scrive lo studioso Michele Bianchi, Puccini si fa interprete del migliore Cristianesimo. Puccini si immedesimava in Paolo e Francesca che “la ragion sommetono al talento”, ha pietà come Dante dei due innamorati e scrive “Storiella d’amore”. Una melodia per canto con accompagnamento di pianoforte che risale al 1883. La mancanza del nome dell’autore del testo fa supporre che il Maestro fosse anche il poeta oltre che il musicista, come scrive Claudio Sartori. La melodia è facilmente accostabile alle romanze di Francesco Paolo Tosti e compare un inciso melodico che ritroviamo poi in “Bohème”.

Infine l’unica opera buffa di Puccini “Gianni Schicchi “è ispirata, come è noto, da un episodio del Canto XXX dell’Inferno dove sono puniti i falsari. L’opera del Trittico è tutta un gioco, uno scherzo anche se aleggia la morte di Buoso Donati. Poi aggiunto dal Maestro c’è l’amore di Lauretta figlia di Schicchi e di Rinuccio parente di Buoso. Il protagonista alla fine protesta garbatamente rivolto a Dante perché l’ha cacciato all’inferno (ha falsificato il testamento) ma: “Se stasera vi siete divertiticoncedetemi voi...l’attenuante”. Il musicista nell’età matura guarda la vita con superiore ironia come Verdi nel finale di Falstaff: “Tutto nel mondo è burla”.

Oriano de Ranieri