
Stazzema, la commemorazione
Lucca, 12 agosto 2025 - Sant'Anna di Stazzema è un patrimonio della memoria, il cui ricordo ci umanizza. Ma quel 12 agosto 1944 la strage fu preceduta da un'altra tragedia.
Don Fiore Menguzzo, prete appartenente al clero di Pisa, all’alba di quel giorno, quando un gruppo di SS, una colonna tra le tre che poche ore dopo avrebbero scatenato la strage a Sant’Anna, raggiunse la chiesa di San Rocco delle Mulina di Stazzema. Non appena riconobbe i militari, don Fiore cercò di attirare l’attenzione su di sé per proteggere gli altri: si gettò da una finestra e si lanciò di corsa nei boschi: riuscì a percorrere poche centinaia di metri e i nazisti lo raggiunsero con una raffica di mitra. Nel frattempo, gli altri militari entrarono nella canonica e si accanirono contro il padre del sacerdote, Antonio, la sorella Teresa, la cognata Claudina, le nipotine Colombina, di 13 anni, ed Elena, di un anno e sei mesi.
Nei giorni scorsi don Fiore Menguzzo è stato ricordato a Pisa (era originario di Cascina) dall'associazione 'Il mosaico' e le associazioni combattentistiche e partigiane, con il Comune e gli altri enti locali, in via Beccaria, dove si trova una targa commemorativa. È intervenuto l'arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli che di fronte alla deriva conflittuale del presente e alla testimonianza di don Fiore, ha indicato una strada possibile per tutti che ha chiamato “vera diplomazia della speranza”. L’attenzione ai piccoli gesti quotidiani, "in cui ci impegniamo a difendere la vita di ogni creatura e a rispettare l’ambiente, la nostra casa comune, è il modo in cui possiamo collaborare concretamente a prevenire l’insorgere di nuovi conflitti e a rimuovere le vere cause delle attuali guerre. È questa la vera diplomazia della speranza di cui abbiamo bisogno e di cui possiamo essere protagonisti perché si compiano le parole dei profeti” e, pensando a don Fiore, ha citato Isaia: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione, non impareranno più l'arte della guerra”.
Ed ecco un altro tassello decisivo della diplomazia della speranza: la memoria. “La figura di don Fiore – ha sottolineato Gambelli - è stata trascurata dalle istituzioni fino ai primi anni Novanta. È solo grazie alle ricerche del signor Giuseppe Vezzoni, appassionato storico volontario a servizio della comunità stazzemese, e all’attenzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che nel novembre 1999, gli fu conferita alla memoria la medaglia d’oro al valor civile”. L'arcivescovo ha ricordato la documentazione riportata ne 'Il sangue degli Angeli. La faccia scomoda della Resistenza, il contributo dei cattolici per la libertà', a cura di Marcello Mancini e Giovanni Pallanti: “Fra coloro che offrirono la vita nel tentativo di salvare il prossimo, ci fu un numero consistente di preti diocesani e religiosi. Nella sola Toscana se ne contano più di sessanta”.
Su questi temi, sulla diplomazia della speranza, Gambelli coglie una profonda continuità tra Papa Francesco e Papa Leone “che hanno messo al centro del loro magistero il tema della pace”, che risalta ancora di più in quest'anno del 'Giubileo' che alla speranza è dedicato.
Sono tanti i piani che si intersecano e che creano condizioni per un miglioramento della vita umana. Certo, c'è una grande responsabilità in quelli che si ritengono potenti, ai quali però non è delegato tutto. Il modo migliore “per fare memoria del sacrificio dei nostri padri è quello di impegnarsi a eliminare le vere cause delle guerre che sono le ingiustizie”, ha proseguito Gambelli. Sono davvero profetiche le parole pronunciate in tal senso da Papa Leone a un gruppo di rappresentanti delle Chiese orientali alla fine di giugno: “È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta? La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!”.