Piovene, mezzo secolo fa Com’è cambiata Lucca

Siamo andati a rileggere il “Viaggio in Italia” dell’inviato del Corriere della Sera

Quanto è cambiata Lucca rispetto agli anni Cinquanta? Quale la cifra di allora e com’era percepita dal viaggiatore (non il turista, quindi) in un dopoguerra che per l’Italia intera rappresentò riscatto e cambiamento? A leggere oggi le pagine di “Viaggio in Italia” di Guido Piovene, scrittore e giornalista blasonato, inviato del Corriere della Sera e amico di Buzzati e Montanelli, viene senz’altro da sorridere. Perché quel viaggio nell’Italia del 1950, oggi ha tutto un altro sapore. In maniera minuziosa, dove il buon giornalista sa dare risalto al particolare apparentemente insignificante, ecco che da quelle pagine affiora la descrizione di “un’altra Lucca”. Una città a noi ben nota grazie al ricco e affascinante archivio di scatti del nostro “Alcide” e che trova, nelle parole dell’autore, l’aderente lettura di un luogo intrigante. Leggiamo: "Il giro di Lucca, che ha quasi quarantamila abitanti, è breve e lo si computa sull’orologio...". Quarantamila abitanti, meno della metà di quelli attuali. Piovene annota tutto: "Nel tessuto vivo di Lucca – scrive – le case comuni non contano meno dei grandi monumenti; vi contano i giardini, i negozi antiquari, le curiose figure umane che sembrano recitare sul pubblico palcoscenico". Lo scrittore deve proprio averla visitata con scrupolo, notando le peculiarità. "L’olio raffinato a Lucca, nasce in gran parte altrove – prosegue Piovene – con raffinerie sparse nel Mediterraneo, in Puglia, Algeria e Marocco".

Quanto tempo è passato da quelle annotazioni, perché oggi l’olio di Lucca ha cambiato il suo tratto distintivo, divenendo l’archetipo dell’eccellenza locale che lo vede esportato in tutto il mond. Il giornalista si addentra anche nella disamina politica, definendo Lucca "l’unica provincia democristiana, in una Toscana rossa": e anche questa affermazione, oggi, è mutata profondamente. Si legge ancora in “Viaggio in Italia”, sottolineando una delle cifre dei lucchesi: "Mi dicono che durante la guerra – scrive il giornalista – incettarono i rocchetti di filo, in previsione dei tempi di carestia e finita la guerra, si versarono a contrattarli in piazza San Michele". L’autore scrive, inoltre, che "sono presenti ancora le vecchie famiglie dell’aristocrazia, nel complesso ritirate dalla vita pubblica; il tono è dato in prevalenza dalla piccola e media borghesia commerciale; caratteristica assai diffusa – scrive Piovene – è lo scrupolo dei conti esatti, il rigido controllo anche delle piccole spese, insomma la parsimonia". Non tralascia niente, scandagliando i dettagli che entrano così intimamente nel carattere della gente.

Terminiamo con un ultimo passaggio che tratteggia il costume religioso: "La festa del Volto Santo, quella di S. Zita e soprattutto l’esaltazione di Santa Croce – annota Piovene – fa convergere in città la campagna cattolica; le strade e le piazze sono tutte riempite, Lucca risuona degli antichi canti liturgici; vi è chi attribuisce all’atmosfera musicale delle giornate sacre, una passione per la musica, che resta viva nei lucchesi e che rifiorì in tempi prossimi a noi con Catalani e Puccini". In fondo, seppure con i cambiamenti dettati dal trascorrere degli anni, ancora oggi, Lucca, fa respirare quell’aria di città ideale, densa di un’umanità mai tramontata.

Maurizio Guccione