Ultimo appuntamento con la rassegna 2025 di “Canone in verso” a cura della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Sabato alle 21, nella chiesa di San Francesco, andrà in scena “Portami Eugenio. 100 anni di ‘Ossi di seppia’” dove la scrittrice e drammaturga Valeria Parrella con lo scrittore e conduttore radiofonico Nicola Lagioia, metteranno al centro la figura poetica di Eugenio Montale. Secondo Nicola Lagioia, per esempio, “Ossi di seppia” è quel libro del Novecento in cui la lingua italiana raggiunge tra i suoi esiti più felici, il che non è semplicemente un fatto estetico, ma una porta che ci conduce dentro un mondo in cui iniziamo o ricominciamo a sentire le cose, gli altri e noi stessi”. A entrambi abbiamo posto alcune domande per capire che cosa significa, oggi, il lascito di uno dei massimi poeti del Novecento, andando ben oltre il centenario.
Che cosa rimane di vivo nella raccolta poetica di Montale e come potremmo coniugarlo con la forma del tempo attuale?
Parrella: "Montale è sempre vivo, altrimenti non staremmo a parlarne; è come se i poeti non morissero perché sono per sempre, sono universali e in ogni momento; per noi lettori i poeti sono tali, non c’è bisogno di aspettare cento anni".
Lagioia: "Rimane vivo tutto. Il passato – per la grande letteratura - non è mai morto, non è nemmeno passato, per dirla con Faulkner. Anzi, la grande letteratura, e la grande poesia a maggior ragione, dunque Montale, sembra sempre arrivare dal futuro, un futuro prossimo quasi a portata di sguardo e sfuggente. Poi certo potremmo parlare del “pensiero negativo” di Montale, ma significherebbe banalizzare la poesia, la quale è sempre “a corto di notizie”, e per questo ne sa tanto più di noi".
Qual è la forza sensibile della poesia di Eugenio Montale?
Parrella: "È quella di pescare dal profondo di noi qualcosa che è universale e che comparirà sempre nell’essere umano; possono cambiare le fogge degli abiti, i modi di viversi ma non cambierà mai il sentimento alla base che lui evoca; così come la semplicità delle immagini e che si riesca in maniera semplice e piana, in un verso, a evocare un sentimento vibrante". Lagioia: "Si potrebbe dire che Montale indaga le profondità del cuore umano come pochi poeti, e si sarebbe detto tanto. Montale è anche un poeta della luce, delle piante, del mare, in questo potrei azzardare a dire che è parente lontano del Lucrezio del “De rerum natura”. Del resto nel titolo della raccolta che stiamo celebrando, “Ossi di seppia”, questo aspetto c’è: il mare e il Mediterraneo in particolare, c’è quel che resta della vita, la materia calcarea dell’osso e c’è la vita come eco, riverbero, baluginio".
Montale a scuola, cosa fare per approfondire con i giovani inquietudine e smarrimento?
Parrella: "Ho cominciato a leggere Montale a scuola ed è proprio a scuola che si fa; nessuno meglio di ragazzi può capire Montale, a me sembra ovvio Montale a scuola".
Lagioia: "Davvero non saprei. Montale non l’ho scoperto a scuola, ma con gli amici, cari amici che, come me, si riconobbero in quei versi quasi settant’anni dopo che erano stati scritti. Ora di anni ne sono passati 100. Sarei curioso di capire io, da un giovane appassionato, cosa ci ritrova lui in Montale. Vorrei parlasse lui, non vorrei parlare al posto suo. Mi interesserebbe molto".