REDAZIONE LUCCA

Lavoratori senza dignità Ditta di pulizie nel mirino

Azienda milanese aveva l’appalto in due fast food del nostro territorio. Per l’accusa applicava condizioni di lavoro ”bestiali”. In due a processo

Ferie e malattie non riconosciute, giornate di riposo non concesse, paghe inferiori rispetto alle ore lavorate, violazione delle norme in materia di igiene. È quanto viene contestato nei confronti di una ditta, con sede nel milanese, che aveva in appalto il servizio di pulizia di due punti vendita, sul territorio, di una nota catena di ristoranti di fast food. La società, una Srl nata nel 2016 con titolari e dipendenti per la maggior parte di origini egiziane, si occupa appunto di pulizia generale degli edifici e tra i vari appalti, aveva (ora non lo ha più, i fatti in questione risalgono al 2019) anche quello dei due locali di fast food di cui sopra, uno a Lucca e uno a Capannori. Ora la ditta milanese è finita nel mirino della Procura con l’accusa di caporalato (articolo 603 bis che punisce l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro).

Tutto sarebbe emerso da un’ispezione di 3 anni fa, e conseguente segnalazione, dell’Ispettorato del lavoro. I dipendenti, tutti egiziani, vivevano a Capannori in appartamenti presi in affitto dalla stessa ditta e provvedevano, divisi in due gruppi, alla pulizia dei due locali durante le ore notturne, una volta chiusi al pubblico, intorno alle 2 di notte. Secondo le accuse le condizioni di lavoro non erano dignitose: i dipendenti non godevano sistematicamente delle ferie, né tantomeno del riposo settimanale, ma al contrario venivano chiamati al lavoro anche se malati e se si opponevano correvano il rischio di perdere il posto di lavoro; tutto questo per poi ricevere, sempre secondo l’accusa, una retribuzione inferiore rispetto alle ore lavorate e dalla quale, per di più, la ditta tratteneva anche una quota per l’affitto dell’appartamento.

Con l’accusa di caporalato, in due sono stati rinviati a giudizio dal gup Alessandro Trinci. Si tratta del rappresentante legale della ditta e di un dipendente con funzioni di coordinamento, entrambi di origini egiziane. I legali dei due imputati, che allontanano le pesanti accuse di sfruttamento mosse nei loro confronti, si dicono pronti a contestare in fase di processo la sussistenza del fatto. La vicenda, dal loro punto di vista, avrebbe caratteri più civilistici che penali. Ma sarà il giudice a far chiarezza sulla natura delle contestazioni, nonché sulle condizioni lavorative, e quindi a stabilire se si sia trattato di caporalato o meno. La prima udienza è prevista per il 25 maggio, di fronte al giudice Giuseppe Pezzuti. Fino a quel momento rimangono in piedi le accuse in base alle quali è stato deciso di mandare a giudizio i due imputati.

Teresa Scarcella