
Il ciclo di incontri da lei creato al Salone del Libro festeggia quest’anno le nozze d’argento "Oggi siamo usciti dall’ombra, ma attenti alla piattezza e ai rischi dell’intelligenza artificiale".
Nozze d’argento quest’anno per l’"Autoreinvisibile" al Salone Internazionale del libro di Torino che si terrà dal 15 al 19 maggio al Lingotto Fiere. Si tratta della sezione dedicata all’universo parallelo dei traduttori letterari, creata proprio 25 anni fa dalla traduttrice lucchese Ilide Carmignani in collaborazione con Elena Rolla. Tutto nacque da una lettera inviata al direttore Ernesto Ferrero, in cui suggerivano in punta di piedi di creare nel panorama culturale italiano uno spazio capace di “mettere in luce l’importanza di un lavoro senza il quale la letteratura rimarrebbe relegata entro i confini linguistici in cui nasce“.
Poteva finire nel cestino, invece la proposta piacque e fu subito accolta, creando a Torino il primo spazio del genere in una fiera del libro italiana e anche europea. Francia, Germania e Regno Unito sarebbero arrivate molto dopo. Ne parliamo proprio con Ilide Carmignani, traduttrice di scrittori del calibro di Sepùlveda, Bolaño, Cortàzar, che da 25 anni cura il ciclo di incontri di questa sezione. Davvero una lucchese d’eccellenza, anche se per indole ama stare dietro le quinte.
L’Autoreinvisibile... come nasce questo nome un po’ alla Calvino? "Ferrero voleva un nome e m’inventai qesto. Perché il lavoro di noi traduttori letterari resta spesso nell’ombra. L’AutoreInvisibile chiedeva dignità, non chiedeva visibilità fuori dal testo per gelosia nei confronti degli scrittori, come disse qualcuno, ma per essere messi in condizione di lavorare meglio. Non accampava invisibilità dentro il testo, come hanno detto altri, perché è impossibile, lo sanno tutti, anche se la lealtà resta per me il cuore della traduzione".
Come festeggerete i 25 anni a Torino? "Avremo la lectio magistralis di Georgi Gospodinov, Premio Pulitzer e Premio Strega Europeo, “Why are translation and literature so important precisely today?“, a cui si aggiungono “E questo cielo, e queste nuvole. Tradurre la poesia“ di Paolo Nori, e “Tradurre, riparare, redimere“ di Donatella Di Cesare...".
Altri ospiti? "All’interno del ciclo si tratteranno numerosi temi: dall’italiano letterario di domani con Giuseppe Antonelli (linguista famoso ora anche in tv grazie a “Splendida Cornice“ di Geppi Cucciari), Valeria Della Valle e Vera Gheno, alla traduzione di poesia con Nicola Crocetti e Laura Pugno. Ma le proposte sono moltissime, tornano anche la sezione “Lo scrittore e il suo doppio“, con Jan Brokken e la sua traduttrice italiana Claudia Cozzi...".
E il tradizionale premio “Giovanni, Emma e Luisa Enriques“? "Il Premio di traduzione 2024 è andato alla iamatologa Antonietta Pastore che a Torino terrà una lectio dal titolo “Il ruolo del fattore emotivo nella traduzione letteraria“".
Un tema scottante è sicuramente quello dell’intelligenza artificiale: quali rischi e quali riflessi ci sono per il settore della traduzione letteraria? "Diciamo che si assiste a una polarizzazione. Da una parte gli editori seri, di qualità e gli stessi agenti degli autori che impongono nei contratti di traduzione la clausola “No AI“. Poi c’è una fetta di letteratura bassa, di intrattenimento dove si ricorre già all’intelligenza artificiale. E’ una tentazione, che ovviamente va a cozzare con la qualità".
C’è anche una questione di tipo etico nell’utilizzo dell’AI... "Sicuramente. Non possiamo prendere in giro il lettore. E neppure l’autore. L’intelligenza artificiale lavora su base statistica, che quindi genera stereotipi. Lo scrittore, sopratutto se un grande autore, punta all’eccezione, alla diversità, tenta di erodere le norme della lingua. Tutto l’opposto della piatta banalità dell’intelligenza artificiale, che ammazza la lingua".
Come si smaschera una traduzione fatta con AI? "Oltre alla piattezza linguistica, sicuramente è evidente che l’AI si smarrisce di fronte all’ironia. Proprio non la coglie, tira a diritto e propone soluzioni a volte esilaranti. In più rafforza anche i pregiudizi perché di solito sono i più diffusi...".
Oltre a essere la storica traduttrice italiana di Luis Sepùlveda, lei ha tradotto Roberto Bolaño, Julio Cortàzar... E anche Gabriel Garcia Marquez nella rinnovata edizione del centenario del 2017. A volte c’è bisogno anche di nuove traduzioni? "A volte sì, perché la lingua di chi legge si aggiorna, c’è una nuova sensibilità. Nel caso di Marquez nel 1967 era stata fatta una traduzione dove il realismo magico era un po’ troppo... magico. Io però non l’ho svecchiato, semmai l’ho ripulito e ho tolto parecchia polvere".
Il compito di un bravo traduttore? "Immedesimarsi con l’autore, conoscere il suo mondo, ma restare esteticamente invisibile...".