
La scelta giusta di Umberto Paradossi "Per la nostra vita ha rischiato la sua"
Rimanere indifferenti a quei racconti che ricordano gli anni più bui che la storia possa testimoniare, a quella commozione palpabile nelle parole e negli occhi lucidi, è stato impossibile per chiunque dei presenti. L’indifferenza, è stato ricordato ieri, è amica dei carnefici, uccide allo stesso modo. Lo sapeva bene Umberto Paradossi, imprenditore lucchese scomparso nel 1986 a 81 anni, che di fronte alle leggi razziali e alle deportazioni naziste della seconda guerra mondiale non è stato indifferente, non è stato complice. Al contrario, con coraggio e umanità, ha aiutato la famiglia Fernandez Affricano, appartenente alla comunità ebraica livornese, a scappare da quegli orrori. Una scelta per la quale, ad 24 agosto 2021, gli è stato riconosciuto il titolo di “Giusto tra le Nazioni“, l’onorificenza che viene conferita dal Memoriale ufficiale di Israele, Yad Vashem, a tutti coloro i quali hanno salvato anche un solo ebreo dal genocidio nazista, anche a costo di rischiare la propria vita.
Una storia che merita di essere raccontata perché merita di essere ascoltata, ieri, oggi e domani, soprattutto da chi ha di quegli anni, non avendoli vissuti, una conoscenza scolastica e asettica. Colpisce, in tal senso, il discorso fatto dalla giovane Anna Paradossi, bisnipote di Umberto, alla quale è stato chiesto di condurre la cerimonia di che si è tenuta ieri pomeriggio a Villa Bottini: "Non ho mai conosciuto Umberto, ma è vivo in me attraverso i racconti di mio nonno Alberto. Fin da piccola ho ammirato questo suo gesto di estremo coraggio, di cui vado molto orgogliosa, per me rappresenta un gesto di profonda generosità verso il prossimo".
Un gesto che per quanto sia umano, non è appartenuto a molti. "Trovare le parole oggi non sarà facile - ha detto il sindaco Mario Pardini - È un onore che per la seconda volta questa importante onorificenza venga data a un lucchese (il primo è stato frate Arturo Paoli ndr). Quando è buio è normale cercare la luce e quando l’umanità è caduta nell’abisso più profondo della Shoah, ci sono state luci che hanno acceso la speranza. Quella che raccontiamo oggi è una di quelle luci che dobbiamo sempre tenere accese, perché potrebbe risuccedere di trovarci in una stanza buia".
E per tenerle accese è necessario far capire il loro valore a chi il buio non l’ha conosciuto. "È importante che queste storie emergano e continuino a far parlare di quel momento storico che è ancora una ferita aperta - ha aggiunto la vicesindaca di Livorno, Libera Camici - per trasferire ai giovani le scelte dei giusti tra tanti ingiusti".
A raccontare quella che è stata la scelta giusta di Umberto Paradossi è stato chi da quella scelta è stato salvato, ovvero Enrico Fernandez Affricano, che all’epoca era solo un bambino.
"Io c’ero, l’ho vissuta quella parentesi di vita e tutt’ora la sogno la notte - ha raccontato commosso - Siamo scappati da Livorno durante i bombardamenti. Sui nostri documenti c’era scritto “razza ebraica“. Cosa vuol dire razza quando si parla di persone? Grazie a Umberto siamo scappati a Guamo, con quei documenti falsi forniti da un dipendente del Comune di Capannori che ho conservato per 80 anni. Quando Umberto ha scoperto che qualcuno ci aveva segnalati, ci ha messo su una macchina per Roma. Siamo partiti di notte, io, mia mamma, mia sorella e mia cugina, mentre mio padre si è nascosto in casa di Umberto. Paradossi ha rischiato la fucilazione per questo. Abbiamo vissuto a Roma in una stanza, per un anno e mezzo, senza poter uscire e Umberto ci inviava tutto il necessario".
"L’atto che mio padre ha compiuto nasce da una grande amicizia e dal ripudio delle orrende leggi razziali - conclude il figlio Alberto - Questo riconoscimento è stato desiderato da me e le mie sorelle, come testimonianza di amicizia e di coraggio per le nuove generazioni. Non bisogna dimenticare ciò che è accaduto e soprattutto come e per colpa di chi. Fatti orribili di cui si è macchiato non solo come complice, ma come carnefice anche il regime fascista. Insegniamo ai nostri figli e nipoti di cosa è stato capace l’uomo". Perché, come scriveva Primo Levi, citato dal giovane Francesco Paradossi, "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è successo può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre".
Teresa Scarcella