"La Fine della Grande Guerra: Il Tripudio di Gioia di Lucca il 3 Novembre 1918"

Le campane della città cominciarono a suonare a festa all’improvviso a tarda notte. La notizia era nell’aria e si diffuse rapidamente con il passaparola. Da tempo, la speranza si era fatta largo tra gli italiani e anche tra i lucchesi. Gli ultimi accadimenti, dopo la vittoria di Vittorio Veneto avevano allontanato le paure e i giorni bui di Caporetto e della disfatta dell’esercito italiano. Gli austro-ungarici erano stati sconfitti e rimandati indietro e il 3 novembre venne firmato l’armistizio.

Il capo di stato maggiore Armando Diaz e il comandante del Corpo d’Armata nemico, avevano sottoscritto l’atto conclusivo di questa lunga e tragica guerra. L’Italia aveva vinto anche se dovette pagare un caro prezzo in termini di vite umane. Quel 3 novembre 1918, finalmente l’attesa era stata premiata. Era da poco scoccata la mezzanotte quando anche a Lucca arrivò la notizia tanto attesa. Quell’unico punto in via Fillungo, allo “Stefani“, dove arrivavano i telegrammi e i dispacci dal fronte, era ormai punto di ritrovo di tante persone che volevano essere aggiornate sugli ultimi bollettini di guerra.

E quella sera, quando arrivò la notizia che la guerra era finita, scoppiò il tripudio. Per un attimo, tutti i disastri che la guerra si era lasciata dietro, sembravano scomparsi. Per le vie e le piazze si cominciò a festeggiare, poi la corsa sfrenata ai campanili di città per suonare le campane e dare la bella notizia alla popolazione. E in quel momento, le campane risvegliarono la voglia di riscatto dei lucchesi che, da troppo tempo, avevano assistito impotenti a tante-troppe partenze per il fronte e a pochi ritorni, con la città, come tutte le altre italiane, trasformata in grande ospedale da campo per l’accoglienza e assistenza dei tanti feriti che tornavano dalla guerra.

La gioia raggiunse il culmine il giorno dopo con una manifestazione spontanea per le vie e piazze della città, prima della grande festa di liberazione, organizzata ufficialmente per il 12 novembre, con la città che si rifece il trucco per l’occasione. Dalle finestre e sui balconi apparvero i drappi di seta rossa delle giornate di festa mentre colpi a salve venivano sparati dai bastioni e petali di fiori sparsi nell’aria. E poi, un lungo e interminabile corteo di cittadini, aperto dalle due bande musicali della città, la “Guido Monaco“ e la “Matteo Civitali“ a fare il giro dei monumenti simbolo della libertà, rendendo onore a quelli di Mazzini, Garibaldi, Oberdan, Battisti e del re Vittorio Emanuele II.

Poi, un intero giro di Mura prima di partecipare in cattedrale al Te Deum di ringraziamento. Per tutta la notte, i palazzi pubblici e le ville rimasero illuminate a giorno. Alla fine, però, il bilancio di quella guerra fu drammatico: Lucca ebbe 6.849 morti, molti di più quelli feriti e rimasti invalidi. In ogni paese, sorsero i monumenti per i propri caduti. E per un’Italia che piangeva i propri caduti, ce n’era un’altra che tornava a vivere, dovendo fare i conti con la miseria, con un’economia e un lavoro da ricreare, alla ricerca di un’identità perduta.