"La nostra storia è durata a lungo perché più che un gruppo militante ci siamo sempre sentiti i figli di una buona idea, quella di raccontare la quotidianità con un linguaggio legato alla tradizione popolare del nostro paese" ammette Jorge Coulón Larrañaga, fondatore e anima degli Inti-Illimani, in scena domani sera alle 21,15 alla Fortezza di Mont’Alfonso, Castelnuovo Garfagnana, assieme a Giulio Wilson.
"Giulio Wilson è un cantautore di talento e un caro amico, suonare con lui è un modo per avvicinarci alla nostra storia che ci lega all’Italia, nata quando risiedevamo qua".
ll legame tra gli Inti-Illimani e il cantautore-enologo fiorentino è iniziato nella primavera del 2020 quando scomparve Luis Sepúlveda. Wilson inviò un messaggio di vicinanza a Coulón, che rispose "gli artisti e scrittori di testi non muoiono mai".
Poi, Jorge, cos’è accaduto?
"Quando Giulio ci ha proposto di lasciare un’impronta sul suo brano Vale la pena, è nato un interesse reciproco. Suonare ci ha messo addosso la voglia di fare altre cose assieme ed è così che sono arrivati sia l’album che i concerti. All’interno dello spettacolo Agua recita ovviamente un suo ruolo, anche se l’idea è quella di non esagerare con le canzoni nuove per non abusare dell’attenzione del pubblico che vuole ascoltare quelle entrate a far parte della sua vita".
Che peso ha oggi un inno come “El pueblo unido jamás será vencido”, che avete fatto conoscere in Italia?
"È una domanda che ci facciamo pure noi. Ma quando nel 2019 abbiamo sentito cantare quel pezzo dalla gente in strada durante l’Estallido social cileno contro il caro vita e, più di recente, dalle donne iraniane che si tolgono il velo in piazza, ci siamo resi conto che un significato ce l’ha ancora. Questo a prescindere dal valore che ha per noi a olte cinquant’anni dal golpe militare di Pinochet".
Cosa ricorda del paese in cui ha vissuto durante l’esilio?
"Rimpiango soprattutto l’Italia creativa e unica degli anni Novanta, piena di speranze andate in buona parte deluse".
L’Italia giocò un ruolo cruciale nei fatti di quel settembre 1973
"L’ha fatto pure nella mia vita, visto che ho tre figli nati qua. Il gruppo si formò nel garage di casa mia, che si trovava a soli 15 metri dall’ambasciata italiana, divenuta in quei giorni un riferimento per le speranze della mia gente (accolse ed evacuò oltre 600 cittadini cileni sottraendoli alla repressione golpista, ndr)".
Gli Inti-Illimani hanno inciso sulla cultura italiana. Basta pensare alla citazione fatta da Silvestri ne “Il mio nemico” o i riferimenti in “Santiago, Italia” di Nanni Moretti
"Siamo orgogliosi di avere in tasca un granello nell’immenso monolite della cultura italiana. Indubbiamente il nostro paese ha giocato un ruolo molto importante nel momento in cui il mondo ha guardato al Cile di Allende come una possibilità politica all’interno del gioco democratico. E siccome la società non è mai staccata dai fenomeni culturali, gli Inti-Illimani sono stati un po’ un’emanazione di quell’esperienza".
Andrea Spinelli