
Tribunale (foto d'archivio)
Lucca, 13 maggio 2016 - «Chiediamo un risarcimento da 300mila euro». La mano destra è compromessa irrimediabilmente. Le dita straziate da quella maledetta impastatrice. Adesso il giovane operaio ponsacchino – anche se da qualche tempo si è trasferito a Palaia – chiede che il suo inferno sia riconosciuto. Per questo il 14 novembre sarà in tribunale come parte lesa. Sul banco degli imputati c’è la legale rappresentate di un pastificio di Altopascio che dovrà rispondere del reato di lesioni personali colpose per fatti commessi con violazione delle norme sulla disciplina della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Riavvolgiamo il nastro. Torniamo al 24 gennaio del 2014. L’operaio, oggi 29enne, sta effettuando la pulizia dei rulli della macchina colatrice «Minipan». Però, secondo quanto accertato dal giudice di Lucca Silvia Mugnaini, si tratta di un’operazione che avviene in maniera difforme rispetto a quanto prescritto nel manuale di manutenzione e uso.
Il ragazzo sta eseguendo il lavoro al macchinario – che tira e spiana la pasta – quando inserisce all’interno la mano destra per togliere dei residui di pasta. Con la sinistra – forse per sbaglio, questo è il punto meno chiaro della vicenda – l’uomo attiva il comando «touch screen» con l’impulso indietro e non, come sarebbe stato corretto, in avanti. E’ un disastro. L’arto viene irrimediabilmente afferrato dai rulli stritolandolo. Un dolore indescrivibile e un danno altrettanto grave visto che il 29enne praticamente non può più usare la mano. Le lesioni, ovviamente superiori ai 40 giorni, e una dinamica tutto sommato abbastanza chiara portano il pubblico ministero di Lucca Elena Leone a chiedere il decreto penale contro la titolare dell’azienda.
Per dirla facile, l’accusa decide di tramutare in una pena pecuniaria quella che, originariamente, sarebbe una pena detentiva. Una richiesta accolta anche dal giudice per le indagini preliminari Marcella Spada Ricci ma respinta da Francesco Lastrucci avvocato difensore dell’azienda altopascese che invece ha chiesto di andare a giudizio. «Siamo di fronte ad un fatto grave – commenta l’avvocato Chiocchini – per questo abbiamo chiesto un risarcimento ingente». Che si aggira intorno ai 300mila euro.