Grano, frumento e cereali sono sempre stati il “pane“ indispensabile nella misera dieta della gente dei campi. Gran parte delle terre della grande Piana lucchese erano dedicate alla coltivazione di cereali, l’alimento indispensabile per sopravvivere, grazie alla grande abbondanza di acqua, alla fertilità del terreno e alla poca urbanizzazione della campagna. Coltivazioni estensive, eredità soprattutto dei grandi possedimenti terrieri, sia di parte nobiliare che di enti religiosi, che si accrescevano continuamente grazie a lasciti e donazioni.
Uno dei patrimoni più consistenti fu quello dell’Hospitale del Tau che, quando cominciò a decadere, fu trasformato in una grande fattoria, a cui faceva capo l’importante produzione cerealicola della zona. Il “calderone“ di Altopascio non bastava più a saziare i pellegrini stanchi e malnutriti che percorrevano la Francigena, per cui il pane cominciò a diventare un prezioso alimento che sapeva ritemprarne le energie. Il ruolo nevralgico nelle comunicazioni di Altopascio, non solo per la Francigena, che lo metteva in comunicazione con la Valdinievole e Firenze, oltreché con la città di Lucca, ma anche per la presenza dello strategico porto di Altopascio, ne favorirono la centralità nell’opera di sviluppo e di risistemazione della zona.
Così, quando nel 1576 fu deciso di suddividere in due poderi, la grande proprietà dello “Spedale“, cominciò una progressiva ripartizione fino a raggiungere, nel giro di due secoli, i 38 poderi per meglio seguire ed incentivare la produzione. La Fattoria divenne anche un centro di sperimentazione di nuove colture e metodologie, che favorirono un aumento della produttività. E quando la quantità di granaglie che si ammassavano nella piazza del grano, nel centro di Altopascio, fu tale da richiedere luoghi adeguati per una migliore conservazione, si dovettero realizzare nuovi depositi.
Un considerevole impulso fu dato dal passaggio del Granducato dai Medici ai Lorena e fu proprio il granduca Pietro Leopoldo I a far realizzare, nel 1774, venticinque grandi “buche da grasce“, senza interrarle, dove stivare le grandi quantità di granaglie, per affrontare senza timore l’inverno. Venticinque grandi silos, ancora oggi individuabili, attraverso le botole visibili sulla terrazza della biblioteca, nell’area che prese il nome di Piaggione, dove i contadini salivano per versarci i contenuti delle balle di grano. Così, la fornitura di granaglie per farina era assicurata per tutto l’inverno. Il loro prelievo veniva fatto periodicamente dalle bocche in terracotta poste nella parte terminale dei silos.
Da allora, Altopascio si caratterizzò sempre più come città del grano e del pane, tradizione che conserva ancora oggi. E poco conta, se a distanza di pochi anni dal completamento dei lavori della grande fattoria, i Lorena cambiarono politica agraria, favorendo una progressiva alienazione di quel patrimonio. Da quel momento, oltre ad un pasto caldo, al viandante di passaggio ad Altopascio fu garantito sempre anche un pezzo di pane…