FABRIZIO VINCENTI
Cronaca

Ezra Pound stregato da Enrico Pea. Il carteggio fra i due scrittori

La splendida mostra in corso a Palazzo Ducale mette in luce i rapporti con alcuni grandi dell’epoca

La splendida mostra in corso a Palazzo Ducale mette in luce i rapporti con alcuni grandi dell’epoca

La splendida mostra in corso a Palazzo Ducale mette in luce i rapporti con alcuni grandi dell’epoca

"Egregio collega, se non avete combinato di meglio, vi chiedo il permesso di tradurre Moscardino in lingua inglese. Sono quasi convinto dell’impossibilità di trovare un editore in Inghilterra e negli S.U.A. Ma il libro mi interessa e sono disposto a fare il tentativo": è il 9 giugno del 1941 quando il poeta americano Ezra Pound, da quasi venti anni stabilitosi in Italia, scrive al collega Enrico Pea. E’ rimasto folgorato dalla lettura del Moscardino concepito dallo scrittore nato a Seravezza, ma vissuto per lunghi anni a Lucca, e a cui è dedicata l’emozionante e ben curata mostra a Palazzo Ducale dal titolo "Enrico Pea, scrittore d’eccezione" realizzata dall’associazione Amici di Enrico Pea, a cura di Giovanna Bellora e Marcello Ciccuto.

La mostra, con il percorso espositivo realizzato da Lucia Maffei, ricostruisce il percorso biografico dell’artista attraverso oltre 200 pezzi tra quadri, libri originali, fotografie e documenti, Non mancano gli approfondimenti con altri grandi personaggi dell’epoca: da Ungaretti a Puccini, da Viani appunto a Pound. Con l’autore dei monumentali Cantos (nei quali Pea viene citato), il cui primo, occasionale contatto – almeno nei ricordi del geniale poeta americano – risale al primi anni Trenta, il sodalizio andrà avanti sino alla morte di Pea, avvenuta nel 1958, proprio l’anno in cui, dopo quasi 13 anni di detenzione in un manicomio criminale con l’accusa di alto tradimento, Pound venne liberato dal governo statunitense e tornò in Italia dove rimase sino alla morte, nel 1972.

Pound aveva scoperto Moscardino con ogni probabilità grazie a un altro gigante della poesia, Eugenio Montale, e, per la prima volta pur non avendo grande considerazione della nostra letteratura del ventesimo secolo, decise di provare la traduzione in inglese di un’opera italiana: "Finalmente abbiamo uno scrittore", le parole dette da un talent scout capace di scovare e valorizzare, tra gli altri, Eliot, Joyce, Hemingway. La traduzione, che per Pound resta un veicolo fondamentale per la diffusione della cultura, avviene in piena guerra, proprio nell’estate del 1941. L’americano vi si getta nel suo stile, ovvero in modo travolgente. Totalizzante. Entusiastico. Da Rapallo dove abita si sposta in treno in Versilia per incontrare Pea a un tavolino di un bar, conoscerlo, avere chiarimenti sulla sua scrittura, sui termini versiliesi di non facile traduzione.

"Lo accompagnai alla stazione. I cancelli erano chiusi: il convoglio si avviava. Pound non perse tempo in saluti. Assicurò nella mano sinistra la maniglia della macchina da scrivere e, preso lo slancio, scavalcato l’ostacolo, si arrampicò sul treno in moto, con la prestanza di un Boy che salti in groppa a un cavallo fuggiasco", è il ricordo di Pea. A causa della guerra e poi dell’imprigionamento di Pound, Moscardino in versione inglese vedrà la luce solo nel 1955, ma il rapporto tra i due non cesserà mai, nemmeno durante il terribile periodo passato in manicomio: le lettere furono il modo per continuare a comunicare.

"Pare che il re d’Inghilterra – scrive dal manicomio Pound a Pea nel 1956 nel suo italiano “creativo“ – bestimiava sempre pel “volto sacro di Lucca“ saprei dirmi se questo celebre crocifisso sta ancora a Lucca?". Pea risponde inviandogli alcune immagini benedette del Volto Santo e con una spiegazione dettagliata dell’importanza del Crocefisso per la città.

La corrispondenza è fittissima. "Ez P. a E.P. Cari saluti": ecco l’ultima cartolina inviata l’11 agosto del 1958 da Pound a Pea: è il giorno della morte di quest’ultimo. Il commiato inconsapevole di un grandissimo a un altro grandissimo. Due uomini differenti, molto differenti, eppure così vicini, nell’arte ma anche nell’umanità. "In Pea, Pound vede l’uomo e la scrittura – spiega Giovanna Bellora, presidente dell’associazione Amici di Enrico Pea – depurati dalle sovrastrutture. Si innamora del versiliese, così carico di significati antichi e basato su cose vere, ma si innamora anche del personaggio Pea che definisce una figura biblica, e in cui si riconosce lo stesso poeta americano. Pea, a sua volta, riconosce a Pound una grandissima vena poetica, al di là delle ideologie, vede l’uomo, vede la persona. La grandezza di Pea è l’aver frequentato tutti coloro che riteneva persone vere, senza per questo mai prendere una tessera e pagandone anche le conseguenze".