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"Allagò il San Luca". Infermiera alla sbarra

La Procura ha rinviato a giudizio una 49enne dipendente dell’Asl: è accusata di danneggiamento e interruzione di pubblico servizi

LUCCA

Le telecamere del San Luca, a maggio 2019, la ripresero in luoghi troppo ‘sospetti’. Sempre a un tiro di sputo dai bagni. E sempre poco dopo uno dei tre allagamenti che quel mese colpirono l’ospedale, mettendo a serio rischio il diritto alla salute dei pazienti. Lei, Serena Remedi, infermiera 49enne lucchese, individuata come responsabile dalle indagini della procura, coordinate dal pm Paola Rizzo, il prossimo 9 marzo dovrà sedersi in aula sul banco degli imputati di fronte al giudice monocratico.

Il sostituto procuratore ha disposto la citazione diretta per la dipendente dell’Asl che dovrà difendersi dalle accuse di danneggiamento aggravato e interruzione di pubblico servizio. Se giudicata colpevole, la donna rischia da 1 a 5 anni. Dall’altra parte, come parte offesa invece siederà l’azienda sanitaria che, subito dopo i tre episodi, avviò un’indagine interna, comminando poi un provvedimento disciplinare alla donna che oggi lavora ancora per l’azienda, ma con mansioni diverse. Al San Luca entrarono anche la squadra Mobile della Questura e la Scientifica. Tutti gli indizi raccolti, portarono verso la donna.

Ma cosa accadde in quei giorni? L’episodio più grave si verificò la mattina del 25 maggio 2019 quando vennero presi di mira i bagni che si trovano sui percorsi comuni affacciati sulle scale. Quel giorno una mano svitò scientificamente i sifoni sotto ogni lavandino e aprì i rubinetti per assicurarsi che l’acqua scorresse senza ostacoli. Il piano riuscì. Nel giro di poco l’acqua raggiunse anche il piano terreno, arrivando fino alla caviglia. Gli inservienti della manutenzione riuscirono ad asciugare tutto nell’arco di poche ore ed evitare il peggio. Ma il gesto, ripetuto pochi giorni prima e anche una settimana dopo circa, ha avuto subito pochi autori, fra i sospettati. Tra loro la 49enne. Di fronte al pubblico ministero Paola Rizzo però, non emersero spiegazioni sull’origine del gesto. Forse alcune vecchie ruggini con il datore di lavoro.

La certezza è che la 49enne a marzo sarà in aula a rispondere delle accuse che potrebbero costarle da uno fino a cinque anni di pena, oltre a dover risarcire i danni all’Asl.

Claudio Capanni