Diario da Chernobyl, giorno 4

Foto di Emanuele Cosimi e Francesca Gorzanelli

L'incontro con Ivan

L'incontro con Ivan

GIORNO 4

Chernobyl, 1 febbraio 2017 - La giornata oggi è interamente dedicata ai villaggi sul confine con la Bielorussia. Prima di partire ci fermiamo ad acquistare pane, olio e qualche dolciume per gli anziani che incontreremo sul nostro percorso. Il clima è più benevolo con noi oggi. Timidamente nevica. Viaggiamo per quasi due ore attraverso la foresta e villaggi abbandonati. Visitiamo un ufficio postale che fungeva anche da banca dove è ancora presente la cassaforte. Alcune scuole ancora piena di quaderni, libri e attrezzatura didattica. Alcune case con oggetti personali di chi ha dovuto rassegnarsi e lasciarla. Un calendario è fermo alla pagina del 17 maggio 1986. Infine una meravigliosa chiesa abbandonata, ma di cui qualcuno si prende ancora cura. Il popolo ucraino è fortemente religioso e c'è chi è disposto a viaggiare per ore attraverso queste strade impervie pur di non lasciare decadere una chiesa. Consumiamo un veloce pranzo al sacco preparato per noi dalle donne del market di Chernobyl, prima di rimetterci in viaggio verso la casa di Ivan Ivanovich. Sul tragitto incontriamo un alce e d'altronde avevamo già avuto modo di apprezzarne la presenza di alcuni esemplari dalle tracce lasciate sia sulla neve sia sugli alberi, dove hanno scrostato la corteccia. Oltre ad averne sentito anche la voce in un particolare momento di silenzio. Abbiamo anche incontrato le tracce di due lupi e di una lepre. Probabilmente la lepre scappava dai suoi predatori, dato che le sue impronte si interrompono su una chiazza di sangue. Tracce fresche, di poche ore. Arriviamo da Ivan quando ormai il sole è tramontato. Ci accoglie al buio. La casa è fredda e molto disordinata. Ivan ha 84 anni e da quasi un anno è rimasto vedovo. Gli abiti sporchi e sgualciti danno di lui un'immagine triste, ma in realtà i suoi occhi sorridono ed è perfettamente sbarbato. Ci racconta di come decise di tornare a vivere nella sua casa nonostante il governo gli avesse donato un appartamento a Kiev. Questa è la casa che lui costruì con le sue mani da giovane ed è qui che insieme alla moglie ha deciso di vivere, "finché morte non vi separi". Ha due figli e tre nipoti, che vivono tutti a Kiev. Ci offre una vodka di sua produzione e ci racconta che ha esattamente trent'anni. Che lui la nascose sotto il pavimento quando vennero evacuati, per non farsela rubare dai soldati. Queste persone hanno vissuto un'esperienza incredibile, alla stessa stregua della guerra. Una guerra senza armi, nessuna medaglia e attaccati da un nemico invisibile.