
"Vi racconto la guerra vista con i miei occhi"
Cosa vede l’occhio dell’inviato di guerra? Quali sono i suoi stati d’animo nelle trasferte al fronte? Giammarco Sicuro, giornalista Rai, parla della sua esperienza professionale e di vita, prima di fare tappa domenica 29 ottobre alla Spezia, dove presenterà il suo ultimo libro “Grano”. Non solo storie, ma anche “un tentativo di raccontare maggiormente l’emozione. Mi chiedono spesso che cosa provi, se abbia paura: ho provato a rispondere”.
È uno dei pochi giornalisti ad aver vissuto il conflitto russo-ucraino da entrambi i fronti.
“Lo ritengo un privilegio. In questo modo, “Grano” ha qualcosa in più: storie dai due lati del fronte e l’esperienza russa è preziosa ancora di più dopo l’entrata in vigore delle leggi liberticide contro la stampa. Io stesso sono stato bloccato con un fermo di polizia e oggi è diventato praticamente impossibile fare informazione".
Spiega di aver desiderato di girare il mondo per lavoro, ma non di diventare inviato di guerra. Ora lo è: lo rifarebbe?
"Senz’altro sì, credo che fosse necessario e lo è ancora: i conflitti sembrano aumentare molto, purtroppo. Ora più di prima ho la consapevolezza della necessità di arrivare preparati e non parlo solo di esperienza sul campo, ma anche di gestione delle situazioni di crisi, pronto soccorso e dispositivi di sicurezza personale. Anche se a volte ci si lascia il cuore".
Che Ucraina ha visto?
"Ho scoperto un paese molto unito, ma con differenze culturali e di vissuto importanti: si capisce che sarebbe servito un approccio diverso negli anni per risolvere una situazione complicata, non certo le bombe".
C’è qualche storia in particolare che l’ha colpita, fra quelle che ha raccontato?
"Quella di uno del decano Sergej Buntman, vicedirettore dello storico Eco di Mosca: poche ore dopo averlo intervistato, la testata è stata chiusa e mai più riaperta. È stato incredibile veder cadere tutti i grandi del giornalismo russo e l’oscuramento dei media indipendenti. In pochi giorni è rimasto il deserto".
Perché questo titolo?
"Il grano è la prima immagine che mi viene in mente quando penso all’Ucraina: il suo paesaggio è una pianura sterminata, a parte l’ovest dei Carpazi. Poi, c’è l’elemento economico: milioni di tonnellate di cereali bloccate. Infine, il riferimento alla foto di copertina: è la squadra di calcio giovanile Kolos, che significa spiga di grano. Sembra una scena serena, ma in quel momento, vicino a Bakhmut, i russi stavano bombardando".
Con il conflitto israelo-palestinese, la guerra in Ucraina è scivolata in secondo piano per i nostri media. Che ne pensa?
"Una tendenza diffusa soprattutto nel giornalismo italiano, che passa da un’emergenza a un’altra, dimenticandosi del resto; lo abbiamo visto con l’Afghanistan, ora con l’Ucraina. Ma non bisognerebbe mai perdere il filo di certe storie: viviamo in una realtà talmente complessa e conflittuale – la ‘terza guerra mondiale a pezzi’, come la definisce papa Francesco – , da render necessari occhi competenti e professionali per raccontarla".