
Una scia di sangue lunga trent’anni e più, fra misteri, delitti irrisolti e quel termine che, ciclicamente, salta fuori in maniera sinistra: ’serial killer’. Prima del doppio efferrato delitto fra Marinella e via Bradiola, la provincia spezzina è già stata teatro di episodi simili in passato, in alcuni casi come detto si è trattato di delitti irrisolti. ‘Cold case’ per usare un termine televisivo. E’ il caso delle tre prostitute uccise in Val di Magra a cavallo degli anni 98 e 99, omicidi efferati per i quali gli assassini non sono mai stati trovati e che, insieme ad una serie di violenze, avevano fatto aleggiare a lungo l’ombra di un serial killer. Idemudia Blessing, nigeriana, aveva solo 21 anni quando venne uccisa. Era scomparsa la sera del 19 gennaio 1999, il suo corpo ritrovato 40 giorni dopo al largo della Palmaria con il cranio fracassato. Cinque mesi dopo la sua morte, l’11 maggio del 1999, i carabinieri trovarono il cadavere di un’altra giovane prostituta, Andije Vujuvic, croata, 32 anni. Anche per lei una fine orribile, massacrata di botte nella zona di Santo Stefano. Chi l’ha uccisa le ha sbattuto la testa più volte contro un container. Ma è del 15 settembre del 1998 il caso più atroce, quella di un’altra ragazza albanese di appena 17 anni, costretta da mesi a prostituirsi sui viali di Marinella, vicino al bivio di Luni Mare: mano ignota l’ha massacrata a colpi di bastone e a suon di botte nel bagno della sua abitazione, a Marina di Massa. Tre ragazze uccise nel giro di sei mesi, il tutto senza uno straccio di movente. E in quei 6 mesi c’erano stati altri gravi episodi di violenza su prostitute: due nigeriane erano riuscite a sfuggire ad una fine orribile salvate da alcuni automobilisti che avevano messo in fuga il loro inseguitore armato di coltello, una ragazza ungherese di 23 anni era stata colpita all’addome con un coltello e una 18enne nigeriana anni sfregiata al volto. All’epoca le indagini puntarono sul racket di uno spietato clan dell’Est Europa che gestiva il mondo della prostituzione sul litorale, ma si parlò anche di un killer seriale. Un sospetto riaffiorato il 9 gennaio 2005 quando in un boschetto di Luni Mare è stato trovato il corpo di Laureta Kikija, 21enne albanese: al termine delle indagini i carabinieri arrivarono a un 50enne cliente della ragazza, poi condannato in primo grado a 16 anni col rito abbreviato.
Ha nome e cognome l’omicida di Aparecida da Silva, 40 anni brasiliana, uccisa con 78 coltellate nella sua abitazione di via Monfalcone alla Chiappa. Un delitto efferato che scosse la città: dopo pochi giorni le indagini si concentrarono su Jacopo Schiaffino, 21enne di Monterosso, accusato di essere l’autore dell’omicidio, per il quale è stato poi condannato a 25 anni. Erano state invece 9 le coltellate inferte nell’aprile 2003, a una 32enne brasiliana aggredita in un appartamento al piano terra di via Castelfidardo. Chi le aveva inferto con violenza i fendenti in tutto il corpo (un uomo tra i 50 e i 60 anni) era poi fuggito in tutta fretta lasciando addirittura l’arma in casa. La vittima, sottoposta a un delicato intervento chirurgico, si era salvata. Un tentato omicidio rimasto senza un colpevole.