CINQUE TERRE
Tutto da rifare, o quasi. Colpo di scena nella battaglia legale per l’abolizione della tariffa ferroviaria ‘Cinque terre’ avviata da un gruppo di operatori turistici e dal comitato dei pendolari. I giudici del Consiglio di Stato hanno annullato la sentenza con cui il Tar nell’estate del 2020 aveva dichiarato improcedibile il ricorso per un sopravvenuto difetto di interesse, rimettendo la causa allo stesso tribunale amministrativo ligure per una nuova decisione.
Una battaglia più che mai attuale, quella portata avanti da anni dagli operatori e dai pendolari delle Cinque Terre contro il biglietto ferroviario unico a quattro euro (nel frattempo aumentato a cinque; ndr.) per la tratta servita dal Cinque Terre Express, il servizio introdotto da Regione Liguria nell’ambito del contratto di servizio stipulato con Trenitalia. Un sistema tariffario troppo oneroso secondo i ricorrenti, che lo avevano impugnato al Tribunale amministrativo sollevando possibili violazioni della Costituzione, ma anche presunte violazioni della legge che disciplina il trasporto pubblico regionale (tra cui il mancato rispetto del principio di correlazione tra tariffa e costo del servizio) e l’incompetenza della giunta regionale a decidere sul tema, in favore del Consiglio regionale.
Il Tar, a sorpresa, tre anni fa dichiarò l’improcedibilità del ricorso, sulla base di una presunta richiesta da parte degli stessi ricorrenti. Che, per far valere le proprie ragioni, hanno appellato la sentenza al Consiglio di stato, sottolineando come il Tar "avrebbe fatto verosimilmente confusione con le acquisizioni processuali di altro giudizio" che vedeva sempre protagonisti gli operatori e i pendolari delle Cinque Terre. I magistrati amministrativi, sentite le parti, hanno sposato la tesi dell’avvocato dei ricorrenti, Roberto Lamma. Per i giudici "in caso di udienza svolta telematicamente da remoto (il procedimento si tenne in piena pandemia di Covid; ndr.) ove il giudice rilevi d’ufficio un profilo di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, debba assegnare alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie, riservando la decisione ad altra camera di consiglio. L’avere trattenuto in decisione il ricorso senza previa assegnazione alle parti di un termine per controdedurre costituisce violazione del diritto del contraddittorio processuale e del diritto di difesa". Nell’accogliere il ricorso, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza rimettendo la causa al primo giudice per un nuovo pronunciamento.
mat.mar.