
Per i giudici della Corte d’Appello quanto accaduto nel maggio di cinque anni fa in uno scantinato di via Mozzachiodi a Migliarina non fu un infanticidio, ma la conseguenza di una violazione della legge sull’aborto. Accusa riqualificata e pena ridimensionata per Alina Coelho Apolinario, 39enne brasiliana condannata in primo grado dal gup del tribunale spezzino a un anno e quattro mesi di reclusione perché accusata di aver provocato la morte del figlio che portava in grembo, dato alla luce al settimo mese di gravidanza e ritrovato privo di vita, avvolto in una busta della spesa, in una cantina a poca distanza da piazza Concordia. Una vicenda drammatica, avvenuta il 9 maggio del 2015: la donna si presentò al pronto soccorso del Sant’Andrea con una forte emorragia, e a seguito delle ripetute richieste dei medici, spiegò quanto accaduto. La corsa dei medici del 118 fu vana, e per il nascituro non ci fu nulla da fare. Interrogata dalla polizia, la donna fu poi indagata per aver provocato la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto: un’accusa pesante ancorata, secondo la procura spezzina, all’esito della perizia su quel piccolo corpicino, dalla quale emerse che gli organi del feto sarebbero stati perfetti e vitali, ma anche dalla presunta assunzione da parte della donna di un medicinale usato anche per l’aborto farmacologico.
Accuse che hanno portato alla condanna della donna, in rito abbreviato davanti al gup del tribunale spezzino a un anno e quattro mesi, ma che non sono state confermate in Appello. I giudici di secondo grado, sposando la tesi del collegio difensivo composto dagli avvocati Valentina Antonini, Giuliana Feliciani e Valentina Sciaccaluga, hanno parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riqualificando il fatto: non fu infanticidio, ma la conseguenza di una violazione dell’articolo 19 della legge sull’aborto ovvero l’interruzione volontaria di gravidanza senza il rispetto delle modalità di legge. Per questo motivo, la pena è stata rideterminata in 28 giorni (con sospensione condizionale), con i giudici che hanno anche annullato anche la misura della libertà vigilata.
Matteo Marcello