
Sovraffollamento e aree degradate: "Incubo carcere, la politica si muova"
Dopo l’allarme per le recenti aggressioni al personale della polizia penitenziari, in carcere a tenere banco è ora la situazione logistica dei detenuti e lo stato della struttura (nella foto d’archivio). A denunciare la situazione è la segreteria provinciale di Fp Cgil che con una delegazione composta dalla segretaria provinciale Letizia Verni e dal Coordinatore regionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria Salvatore Tutino, ha effettuato un sopralluogo nel carcere di Villa Andreino e incontrato la direttrice Maria Cristina Bigi. Ne è venuto fuori un quadro allarmante. "Ancora una volta dobbiamo rilevare che la carenza strutturale del carcere è sempre grave – sottolineano i sindacalisti – I lavori di ristrutturazione eseguiti fino a questo momento, non ancora ultimati, hanno provocato la chiusura di alcune sezioni: chiusura che non è stata seguita da nessun provvedimento di sfollamento e che costringe a convivere 170 detenuti in uno spazio che ne potrebbe ospitare circa 100. Celle che dovrebbero ospitare al massimo 4 detenuti ne ospitano fino a 6; celle che dovrebbero essere adibite all’accoglienza (passaggio delicato del detenuto dallo stato di libertà a quello di reclusione) sono in realtà utilizzate per ospitare detenuti difficili con problemi comportamentali".
Dito puntato anche sulla situiazione degli spazi di socializzazione che "versano in completo degrado e sono senza arredi adeguati: c’è uno spazio biblioteca e attività educative dove il tavolo è tenuto in piedi grazie al sostegno di libri. Abbiamo visto plafoniere rotte, c’è la totale assenza di segnaletica per le emergenze. A questo aggiungiamo che gli agenti della polizia penitenziaria devono presidiare aree del carcere in cui non esistono videocamere di controllo e monitor di sorveglianza, in spazi privi di dispositivi di allarme (perché “temporaneamente” fuori uso), in spazi in cui le aperture delle porte dipendono da dispositivi elettronici a distanza malfunzionanti"
Verni e Tutino sottolineano come "nonostante una situazione così difficile ciascun poliziotto saluta e conosce ogni detenuto, ascolta ogni richiesta, la comandante e la direttrice si rendono disponibili ad accogliere ogni sollecitazione ripetendosi la frase: “Questo è il nostro lavoro”. Un lavoro fatto non solo di ordine e restrizioni, ma anche di ascolto e rieducazione, perché è a questo che il carcere dovrebbe servire: non solo a punire, ma a rieducare ciascun detenuto affinché possa rientrare nella società". Da qui la richiesta "al Provveditore e ai politici del nostro territorio di mettere una seria attenzione alla situazione di Villa Andreino, per trovare soluzioni efficaci ed efficienti nel rispetto di chi “abita” il carcere".