Sassi con amianto, ferrovie condannate

Sentenza pilota del giudice del lavoro che rileva il nesso causale con il mesiotelioma di cui soffrì un elettricista poi morto per altre ragioni.

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L’usura dei sassi lungo la strada ferrata della linea Sestri Levante alla Spezia ha provocato il rilascio di fibre di amianto a cui è attribuibile il mesiotelioma che colpì un elettricista delle ferrovie operando negli "scambi" dal 1963 al 1990. Lo ha stabilito la perizia a cui si è ancorato il verdetto di condanna emesso dal giudice del lavoro Giampiero Panico nei confronti di rete Ferroviria italiana accogliendo i ricorsi dei familiari del lavoratore assistiti dall’avvocato Roberto Quber: 40mila euro da liquidare ai congiunti del defunto.

La storia è quella del signor Giacomo che nacque nel 1938 in località del Parco delle Cinque terra in cui ha vissuto fino alla morte, avvenuta nel 2015.

Dal 1963 al 1990 lavorò alle dipendenze delle Fs, oggi Rete Ferroviaria Italiana, come elettricista manutentore degli impianti di linea, quali scambiatori e segnalatori, tra Sestri Levante e La Spezia.

Nel 2015 gli fu diagnosticato un mesotelioma pleurico, il tumore tipicamente causato dall’amianto; morì prima di Natale del medesimo anno: non, però, di mesotelioma pleurico ma per perforazione intestinale.

Prima di morire aveva presentato domanda di rendita professionale all’Inail che era stata, però, respinta perché l’Istituto assicuratore aveva ritenuto che Giacomo non fosse stato esposto a inalazioni di amianto.

La vedova e la figlia non si sono rassegnate e si sono rivolte all’avvocato Roberto Quber che ha iniziato una causa contro l’Inail, richiedendo la rendita per i mesi nei quali Giacomo è rimasto in vita affetto da mesotelioma pleurico e contro Rete Ferroviaria Italiana che il legale riteneva colpevole per avere completamente ignorato il rischio amianto: agli elettricisti di linea non veniva consegnata, fino alla fine degli anni ’80, nemmeno la pur insufficiente mascherina di protezione oronasale usa e getta; lavoravano, inoltre, anche in gallerie anche quando erano in corso lavori di rincalzamento dei binari.

L’Inail ha rivisto la sua posizione ritenendo che, sulla base del ricorso degli eredi del lavoratore, si potesse ritenere provata l’esposizione ad amianto per grave colpa di Rete Ferroviaria Italiana della quale ha chiesto la condanna al pagamento degli oneri che saranno sostenuti dall’Istituto. Rete Ferroviaria Italiana, invece, ha radicalmente negato l’esposizione all’amianto. Il giudice Panico ha affidato una consulenza tecnica di ufficio ad un professionista genovese, il professor Franco Traversa.

L’esperto ha rilevato che dal Registro Nazionale dei Mesoteliomi non risultano casi relativi ad elettricisti di linea, ma soltanto ad elettricisti di officina e ha, quindi, esaminato un caso destinato a fare scuola e precedente a livello nazionale. Ha concluso che il lavoratore fu esposto ad amianto in "concentrazioni lievemente superiori a quelle di un comune ambiente di vita a causa di fibre di amianto che si erano sprigionate con l’usura del tempo dai sassi che erano stati posti dalle Ferrovie lungo la strada ferrata", mentre ha accolto la tesi di Rete Ferroviaria Italiana secondo la quale l’impianto frenante dei treni non poteva diffondere amianto sui binari.

Rete Ferroviaria Italiana ha contestato la perizia sostenendo che l’esposizione lavorativa era identica a quella degli ambienti comuni di vita, considerato che La Spezia, dove Giacomo lavorava, era città particolarmente inquinata per l’attività portuale e di cantieristica navale. Anche l’avvocato Quber ha contestato la perizia sostenendo che i treni seminavano amianto sui binari non per i freni, ma a causa dell’impianto di riscaldamento a vapore che passava sotto le carrozze ferroviarie e che Giacomo nella sua vita non professionale non viveva in una città inquinata ma tra il mare e il verde, del Parco delle Cinque Terre.

Il giudice Panico ha condannato Rete Ferroviaria Italiana ad un risarcimento a favore della vedova e della figlia del lavoratore deceduto, conteggiato in 40mila euro.

Corrado Ricci