REDAZIONE LA SPEZIA

"Sapeva sempre quando fermarsi davanti al dolore delle persone"

"Guarda un po’ qui cosa ho trovato?". Capitava così che ogni tanto, negli ultimi sette anni, Mauro mi volesse vicino vicino al suo computer, il suo mondo, l’estensione delle sue macchine fotografiche. Voleva mostrarmi un’immagine di Fulvietto, come lo chiamava lui, che aveva scovato rimettendo in ordine per l’ennesima volta l’archivio. Gli occhi gli si illuminavano parlandomi del suo grande amico. Mauro, una persona che meritava rispetto pur non essendo in una posizione apicale da pretenderlo per obbligo. Era questa la sua forza, fisica e morale. Quando lo vidi per la prima volta in redazione ero un bambino, d’altra parte la mia età è quella di mezzo, tra i suoi due figli più grandi. I suoi baffi erano un marchio distintivo, sebbene nella foto in bianco e nero da ragazzo che teneva con sé – senza quella sua curata peluria sotto al naso – era davvero il sosia di Charles Bronson. I baffi, non la barba come chi l’ha conosciuto negli ultimi anni. Quello no, non era più il vero Mauro. Anche se i suoi aforismi, i suoi aneddoti erano sempre lì, pronti a stupire causticamente gli interlocutori del momento, era stato privato di una pezzetto di cuore. Dopo aver abbracciato Andrea, credo che Mauro sarà già stato a trovare il suo Fulvietto. E questo mi fa sorridere.