Rossi, un repertorio ’scorrettissimo’ "È la stessa storia, ma non uguale"

L’attore pronto a salire sul palcoscenico del Civico. "La tv è morta. Il teatro? La madre di tutte le battaglie"

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di Marco Magi

Ospite per la sua residenza artistica a Montereale Valcellina, il noto attore Paolo Rossi si sta preparando per presentare il suo spettacolo ‘Scorrettissimo me – Per un futuro, immenso repertorio’, mercoledì 1° febbraio al Teatro Civico (con la musica dal vivo di Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi).

Perché nel sottotitolo parla di futuro del suo repertorio?

"Cambio spesso il titolo, ma non il sottotitolo – afferma il popolare Paolo Rossi – . Un ossimoro, un paradosso, visto che il repertorio si riferisce al passato, però abbiamo presente quel che sta succedendo. Come dicono in Andalusia, quando certe cose della storia tornano, è la stessa storia ma non è uguale. Il repertorio era fondamentale nei comici dell’arte e io da lì vengo, però non inteso come hit parade, i cavalli di battaglia, ma di qualcosa che non è stato portato forse degnamente a fondo e può essere reinventato".

È più facile essere scorretto in teatro o in televisione?

"La tv è morta, non mi interessa più di tanto, né io interesso a lei. Come tutti abbiamo problemi, ma il piccolo schermo ne ha molti molti molti più di noi". Ama le location particolari, qual è la più strana dove si è esibito? E il teatro?

"Se la televisione sta morendo o è morta già, per via dei social, il teatro resta la madre di tutte le battaglie. Il teatro è il luogo principe delle relazioni sociali, prima ancora della calamita che è lo spettacolo in sé. Però, da personali riscontri, su 10 richieste che mi giungono, 7 non sono a teatro. Ah, la location più strana? Il teatro".

Racconta più storie a lei accadute o quelle che ha raccolto?

"C’è una regola per i contastorie: che tu puoi raccontare la storia che hai realmente vissuto o che ti è stata raccontata o l’hai letta o vista, e ti ha coinvolto così intensamente, che è come l’avessi vissuta direttamente. Poi, c’è il gioco delle contaminazioni, di seguire la regola di Enzo Jannacci (l’importante è esagerare), condendola, romanzandola, e che a me ha causato il fatto di non aver ancora capito quale sia la vita che veramente ho vissuto. Mi succede come a Jannacci, che quando raccontava a noi degli accadimenti in prima o in terza persona, spesso quando andavamo via, ci chiedevamo ‘ma è vera?’. Poi, dopo un attimo: ‘È così bella che ormai è vera’".

Perché secondo lei raccontarle ha una valenza sociale e pure politica?

"Sociale, perché le condividi con il pubblico. Soddisfa l’esigenza prima del contastorie, del teatrante: essere un genere di conforto, laico beninteso, di altissima importanza in momenti come questi. Che ti fa evadere dalla realtà raccontata dai media, per entrare nella realtà vera. Quindi è anche politica. Guardando al patrimonio del repertorio non mio, l’opera più politica che è stata fatta, negli anni in cui la politica aveva un senso nobile, è ‘Vincenzina e la fabbrica’, un pezzo d’amore".

Ogni sua ‘replica’ è diversa dall’altra. Si regola in base ai presenti in sala?

"Tutto corre velocemente. Spesso mi dicono che cambio idea, ma sono le idee a cambiare di posto. Il pubblico non è presente, è protagonista degli spettacoli".

Ma ai comici è davvero permesso esprimere qualsiasi pensiero?

"Non ho mai fatto la vittima quando mi censuravano. Mi metti, come nel caso del covid, un problema, e io cerco di utilizzarlo come slancio creativo".

C’è qualcosa che ha detto di politicamente scorretto, di cui però si è poi pentito?

"Sì, di aver scritto la canzone ‘Hammamet’, che vendette molto, però non per il brano in sé (che parla di Craxi, ndr.) ma per il titolo... perché la refurtiva non stava lì".

Ha mai preso querele?

"Cose futili che non vale la pena citare, e si è conclusa sempre male per gli altri. La satira può raccontare delle cose non vere, non è mica giornalismo, la, satira è un carnevale e in un carnevale ci si diverte".

Più querele di Sgarbi?

"Di meno. Però nella vita c’è una regola che spesso, quelli che ne prendono tante, non conoscono: trasgredire per trasgredire, trasforma il trasgressore in traditore. Quindi ti si ritorce contro. Detto ciò, Sgarbi l’ho conosciuto nella vita, è molto simpatico, non è così provocatorio. E quando mi racconta di Caravaggio io capisco tutto!".

Ma con Spezia che legami ha?

"Ci sono venuto spesso, anche nelle vicinanze. Proprio in città ho avuto a che fare, lavorativamente, con Antonello Pischedda, credo fosse una delle grandi personalità che agivano nel mondo teatro. Lo ricordo con stima e piacere. Uno degli ultimi teatranti puri, che poi non si occupavano solo di organizzare, ma anche del piano artistico".