
Revoca dei domiciliari. Il Riesame si riserva. Due giorni per decidere sull’istanza di Toti
Le posizioni delle parti erano chiare fin dalla vigilia. Chiare e distanti. Ma l’udienza andata in scena ieri mattina di fronte ai giudici del Tribunale del Riesame le ha cristallizzate ulteriormente. In discussione l’istanza di appello contro il rigetto da parte del gip Paola Faggioni della richiestta di revoca dei domiciliari presentata da Giovanni Toti. In aula, le tesi dell’accusa e quelle della difesa si sono fronteggiate ancora una volta e il confronto è arrivato a due mesi esatti dalla deflagrazione politico-giudiziaria innescata dalla maxi inchiesta per corruzione condotta dalla Dda di Genova e che ha costretto ai domiciliari e alla sospensione dall’incarico il governatore della Liguria, indagato per corruzione.
La Procura non sente ragioni e tira dritto per la sua strada, richiamando il pericolo di reiterazione del reato e quello del possibile inquinamento probatorio, una circostanza, quest’ultima, in relazione alla quale il pubblico ministero ha rappresentato l’esigenza di disporre di maggior tempo per individuare altri possibili testimoni da sentire come persone informate sui fatti. Di avviso diametralmente opposto l’avvocato Stefano Savi, difensore di Toti, per il quale i requisiti per mantenere la misura cautelare in atto semplicemente non sussistono più. "Il tempo per indagare c’è stato – ha argomentato Savi – e le acquisizioni sono state fatte. In ogni caso non basta una semplice ipotesi, occorre qualcosa di concreto per dire che potrebbe esserci un intervento da parte del mio assistito, il cui atteggiamento processuale è stato esemplare". "Oltre due mesi di custodia cautelare ai domiciliari – ha insistito Savi – sono una misura oltremodo afflittiva nei confronti di un governatore che non è accusato di aver ottenuto soldi o utilità personali, ma solo di aver procurato finanziamenti pubblici e registrati alla propria forza politica". Per la difesa, dunque, una misura afflittiva e non necessaria per la tutela dell’inchiesta. Un aspetto, quest’ultimo, che il legale ha voluto specificare a chiare lettere subito dopo la fine dell’udienza, dando per scontato che non ci sia alcuna intenzione di ricandidatura all’orizzonte. "Quanto alle elezioni – ha detto infatti Savi – le prossime previste riguardano il rinnovo del Consiglio regionale, e non possono ritenersi un rischio né attuale, vista la distanza di un anno e tre mesi dalla loro celebrazione, né concreto, considerato il fatto che il presidente non parteciperà".
Nell’istanza presentata ai giudici del Riesame, il legale del governatore ha prospettato in subordine alla revoca dei domiciliari anche alcune ipotesi alternative: il divieto di dimora a Genova, che manterrebbe per gli effetti della Severino la sospensione dall’incarico (misura analoga è stata adottata nel caso Pittella, in Basilicata); l’obbligo di dimora ad Ameglia, che pur annullando la sospensione ne sottoporrebbe l’esercizio a un fattivo controllo del giudice per l’autorizzazione di ogni spostamento (è la misura applicata al caso Oliverio in Calabria); e la cancellazione del divieto assoluto di comunicazione, fatti salvi i contatti diretti con persone collegate all’inchiesta. "Ciascuna di queste misure – ha fatto notare Savi –, è tale da riequilibrare, almeno parzialmente, le esigenze di inchiesta e quelle di agibilità politica e istituzionale. Un equilibrio che la Corte costituzionale ritiene indispensabile e non valutato adeguatamente nel caso di specie". Un aspetto, questo, su cui il legale di Toti ha posto l’accento anche in aula, depositando un parere ad hoc elaborato dal presidente emerito della Consulta, Sabino Cassese.
Il dado è tratto, ora l’ultima parola spetta ai giudici, che ieri mattina, al termine dell’udienza in aula, si sono riservati. La decisione è comunque attesa al massimo entro giovedì. Se il Riesame dovesse respingere la richiesta, Toti potrà comunque ricorrere in Cassazione. Ma in quel caso si andrebbe a settembre.