"Vogliono tutti lavorare in nero". La colpa? Il reddito di cittadinanza

Grido d’allarme dei ristoratori: "Colpa del reddito di cittadinanza"

Un cameriere

Un cameriere

La Spezia, 19 luglio 2019 - "Vengo volentieri a lavorare, ma solo se potete pagarmi a nero. Altrimenti perdo il reddito di cittadinanza". Si è sentita rispondere così, una ristoratrice spezzina impegnata nel reclutamento di lavoratori stagionali da inserire nella sala e nella cucina della propria attività. E non è, purtroppo, un caso isolato. Il rovescio della medaglia del reddito di cittadinanza istituito dal governo è tutto nella… voglia di fare niente di chi lo percepisce, che arriva addirittura a non presentarsi al colloquio per evitare di rifiutare il lavoro e di perdere l’assegno mensile.

Alla Spezia, i titolari delle attività del terziario non sanno a che santo appellarsi. «Stiamo ancora cercando un aiuto cuoco con esperienza. Molti colloqui sono andati a vuoto, e anche le agenzie interinali sono in difficoltà – spiega Antonella Cheli, storia ristoratrice di Porto Venere, alla guida dell’Osteria del Carugio e de ‘Il Timone’ –. Fino a quest’anno non c’erano mai stati problemi: bastava un annuncio su internet, o affidarsi a un’agenzia interinale, e i posti stagionali venivano coperti. Quest’anno non è stato così, perché ci sono persone che preferiscono stare a casa e percepire il reddito di cittadinanza anziché venire a lavorare. La misura introdotta dal governo evidentemente non è stata calibrata nella maniera giusta».

Un problema, quello di ampliare i propri organici durante l’estate per far fronte ai maggiori flussi turistici e al maggior lavoro, comune a molti imprenditori del settore. «La sensazione – conferma Silvia Cardelli dell’Osteria della Corte alla Spezia – è che chi percepisce il reddito di cittadinanza non ha nessuna voglia di lavorare e di rinunciare a qualcosa che sente come un diritto. La ricerca del personale quest’anno è stata difficoltosa, alla fine abbiamo scelto di affrontare l’inizio della stagione con una persona in meno in cucina in attesa che si diplomi un ragazzo che in passato era venuto da noi a imparare il mestiere e aveva mostrato di saperci fare. Durante i colloqui per la posizione di lavapiatti e tuttofare c’è chi ci ha risposto che sarebbe venuto a lavorare ma in nero, per evitare di perdere il sussidio. Più che su queste misure, credo che si debba lavorare di più sulla formazione».

E c'è anche chi, dopo innumerevoli colloqui, ha preferito puntare sui tirocinanti. Come Milena Trenti, del ‘Tre Torri’ di Porto Venere. «Alla fine mi sono rivolta al centro per l’impiego per cercare un tirocinante, abbiamo scelto un ragazzo che ha appena terminato la scuola alberghiera e che ha una voglia di imparare senza eguali – spiega –. La verità è che non è vero che non c’è lavoro: c’è, ma viene rifiutato. Mi è capitato anche il caso di un candidato che mi ha chiesto se, accettando il lavoro e una volta terminato il contratto, avrebbe potuto avere diritto alla disoccupazione. Una misura così come quella introdotta dal governo è deleteria, ma ormai non mi sorprendo più neanche di uno Stato che da una parte controlla meticolosamente le nostre attività, e dall’altra introduce un ammortizzatore sociale che evidentemente non basta e spinge le persone a cercare lavoro in nero».