REDAZIONE LA SPEZIA

Quando ’Lucio’ conquistò Spezia Gol e carisma da capitano vero

L’arrivo con Ventura nel 1986, subito a segno all’esordio. Poi i campionati da grande protagonista

Quando ’Lucio’ conquistò Spezia Gol e carisma da capitano vero

Nell’estate del 1986, quando il futuro c.t. azzurro Gian Piero Ventura lo fece arrivare allo Spezia dall’Entella, nello scetticismo generale (assieme a ’Paperino’ Stabile e a Guerra) chi avrebbe mai detto che Luciano Spalletti, capelli lunghi e l’aria assai sgamata, sarebbe diventato molti anni dopo il Commissario Tecnico della Nazionale? A quel tempo a 27 anni si era uomini fatti e finiti e non ragazzotti come oggi. Lucio (a Spezia per tutti è così) in quel calcio era un po’ un atipico: origini agiate, arrivato al professionismo per la porta di servizio della C2 all’Entella appena l’anno prima. Il suo pedigree non eccelso aveva fatto storcere il naso alla tifoseria, già imbufalita per la mancata conferma di Sergio Carpanesi, il profeta in patria che solo pochi mesi prima aveva vinto un campionato nelle condizioni peggiori possibili, col dottor Taliercio, curatore fallimentare, che pagava gli stipendi solo se arrivavano gli incassi. Ventura non convinse il pubblico, Spalletti invece ruppe gli indugi da subito, segnando all’esordio in quel di Fano un pari preziosissimo. Piacque all’istante il suo essere generoso, da Picco, in campo e fuori: il classico centrocampista di fatica con un carisma enorme, inversamente proporzionale ai piedi non proprio raffinatissimi. Un rigore sbagliato da Telesio contro il Rimini segnò la fine di Ventura e a furor di popolo Sergio il profeta tornò a predicare calcio allenando giocatori e popolo attraverso interminabili dirette sulle allora floride televisioni locali.

Crediamo che la lezione di Carpanesi sia stata fondamentale per Spalletti, che in maglia bianca vive il suo periodo migliore da calciatore. Una salvezza in C1, con una striscia finale di nove partite senza sconfitte in un calcio lontano dai tre punti, dove il pari era un’arte; un sesto posto nella stagione 198788, dopo il titolo di campione d’inverno ottenuto contro il Lanerossi Vicenza (in uno stadio strapieno, dove i tifosi si erano costruiti una curva e Lucio il capitano andava a salutarli la notte) grazie a uno dei suoi rari e mai banali gol; l’accesso alla Coppa Italia, quella vera, per la prima volta nel dopoguerra, con la sfida al Napoli di Maradona, preludio a quella fantastica quanto maledetta annata 1988-89, con la B a sfumare all’ultima giornata a Lucca, dove una squadra ridotta ai minimi termini arrivò sfinita e qualcuno tradì Sergio il profeta per trenta denari, come Gesù. L’alchimia magica era finita, per Lucio "il capo degli ultras" ancora una stagione in maglia bianca ma senza gloria, come l’annata. L’approdo a Empoli come una seconda giovinezza, dove inizia una carriera in panchina che lo ha portato giustamente, sia pure in modo rocambolesco, alla guida della Nazionale. Grazie anche all’università della vita della Spezia, città dove ha trovato amore e affetti che restano saldissimi tutt’oggi.

Mirco Giorgi