Il procuratore De Paolis: "L'Archivio della memoria va rilanciato"

Intervista a Marco De Paolis, procuratore generale presso la corte d'appello militare di Roma

Il procuratore generale Marco De Paolis

Il procuratore generale Marco De Paolis

La Spezia, 31 luglio 2018 – Nuovo ruolo apicale, stesso refrain al legislatore: urge lavorare alla riforma del codice penale militare per rendere più ficcante l’azione dei magistrati deputati al controllo della legalità negli ambienti con le stellette. Marco De Paolis, 58 anni, cittadino onorario della Spezia (oltrechè qui residente) per l’impegno profuso nelle inchieste sulle stragi nazifasciste quando era procuratore militare in città, rilancia dalla sua nuova postazione di procuratore generale presso la Corte militare d’appello di Roma, fresco di nomina da parte del Consiglio superiore della magistratura militare. «Vogliamo essere messi nella condizione di poter lavorare; sono anni che il legislatore trascura la riforma della giustizia militare».

C’è chi vorrebbe cancellare i tribunali militari perché producono poco...

«Sarebbe contrario alla Costituzione. Il problema semmai è quello di superare l’irragionevole sbilanciamento che porta la magistratura ordinaria ad occuparsi di reati militari».

Esempi?

«I procedimenti sui marò in India, sul ferimento e l’uccisione dei militari italiani soprattutto in missione all’estero, sui reati a sfondo sessuale che coinvolgono militari di sesso femminile».

Chiedono tutela anche le vittime militari dell’uranio impoverito, dell’amianto...

«Appunto. Alla magistratura militare devono essere restituite competenze operative nel settore militare che, una certa prassi, ha stoppato. Mi auguro che il nuovo governo trovi spazi per occuparsi della giustizia militare. Senza di essa scomparirebbe il controllo di legalità sulla criminalità militare».

Lei è passato alla storia per il ’riscatto’ dello Stato dopo il capitolo buio dell’armadio della vergogna, ottenendo 57 condanne all’ergastolo in primo grado di ex nazisti. Risultati concreti zero, però...

«Sul piano dell’esecuzione delle sentenze in Germania è stato così, nonostante il nostro pressing. Sul piano della verità processuale, della storia e del rispetto ai familiari delle vittime è stato reso in grande servizio».

Un servizio esaurito?

«Ci sono ancora inchieste aperte. Per quello che mi riguarda riconfermo la mia disponibilità a dare forma alla Spezia all’archivio degli atti giudiziari sulle stragi, per non dimenticare, per permettere le ricerche degli studiosi, per valorizzare il ruolo giocato dalla città nella storica stagione processuale, per evitare il ritorno delle barbarie».