
Una sala operatoria (Foto generica di repertorio)
Carrara, 5 narzo 2016 - UN CASO raro, catalogato uno su tremila. Eppure è successo. E per oltre un mese un sessantenne si è tenuto una pinza nella pancia, scomodo (e doloroso) ricordo di un intervento chirurgico all’addome eseguito 40 giorni prima all’ospedale di Carrara. Un caso clamoroso esploso alla fine del 2014, che aveva portato l’Asl ad aprire un’indagine interna per capire come si fosse verificato quell’episodio.
A distanza di oltre a un anno dai fatti è arrivato il decreto di citazione diretta a giudizio per nove fra medici, infermieri e ferristi coinvolti quel pomeriggio nell’intervento: sono accusati di lesioni gravi, il processo si aprirà il 9 giugno in tribunale davanti al giudice Fabrizio Garofalo. Agli imputati il sostituto procuratore Roberta Moramarco contesta l’omissione del controllo dei ferri utilizzati nel corso dell’operazione, in violazione alle linee guida in materia emessa da Ministero e Regione. Per evitare di perdere qualche pezzo per strade, è previsto un doppio conteggio della strumentazione: attraverso un’apposita check-list eseguita dai ferristi e un controllo dei medici al cambio dell’equipe al tavolo operatorio. Così, secondo le accuse, non è stato: qualcosa è andato storto e quella pinza di Kocer da 18 centimetri è rimasta nella pancia del paziente. Sempre secondo le accuse, nel corso dell’intervento uno dei chirughi si sarebbe allontanato dal tavolo operatorio «prima della sutura della ferita» anche in questo caso in contrasto con le linee guida di Regione e Ministero.
SARÀ IL PROCESSO a fare piena chiarezza su tutta la vicenda, così come sulle accuse mosse ai sanitari tutti residenti fra Massa Carrara, Sarzana, Firenze e Grosseto. Dopo aver scoperto la presenza della pinza nella pancia, il paziente era stato nuovamente operato: un altro ricovero, lunghe settimane in ospedale. Quando è tornato a casa il commerciante massese si è rivolto all’avvocato Leonardo Angiolini per ottenere un risarcimento dei disagi subiti. Una prima trattativa con l’Asl ha portato a un risarcimento di 15mila euro per il «danno psicologico», non è stata invece ritenuta soddisfacente l’offerta per il danno biologico. E’ quindi partita la denuncia che ha portato al rinvio a giudizio dei 9 sanitari, nel processo il 60enne si costituirà parte civile. Il tutto però lasciando aperta la porta a un accordo fra le parti: un congruo risarcimento, come spiega il legale della vittima, porterebbe al ritiro della querela e la conseguente chiusura del procedimento.