Oncologia, Troiano esclude il rischio chiusura

Spazi e organici ridotti ai minimi termini. Disagi moltiplicati con lo spostamento del reparto dall’ospedale di Sarzana alla Spezia

Daniela Troiano commissario straordinario dell’azienda sanitaria spezzina

Daniela Troiano commissario straordinario dell’azienda sanitaria spezzina

La Spezia, 2 luglio 2020 - Oncologia in grave sofferenza alla Spezia e un ambulatorio, quello di Sarzana, trasferito da marzo al Sant’Andrea. E’ l’anticamera della chiusura? Daniela Troiano, commissario straordinario della Asl 5, non l’ha presa bene. A evocare una prospettiva del genere, a fronte dei disagi denunciati anche sui social (una nuova pagina ad hoc è stata aperta su Facebook nelle ultime ore) sono stati alcuni utenti preoccupati di quello che potrebbe accadere in un prossimo futuro, aggravando un quadro già molto problematico. 

«Si tratta di una bugia, una colossale bugia - sbotta il commissario dell’Azienda sanitaria, interpellato da La Nazione - ; affermare una cosa del genere suona oltretutto come un’offesa per chi nella sanità lavora 24 ore su 24. La realtà è che non è cambiato nulla, ma questo non significa che non siano previsti dei miglioramenti». Di quali interventi migliorativi si tratti, Troiano non dice, confermando solo che per ora resterà lo status quo. E ribadisce: «Esiste un programma di interventi, ma in questa fase c’è ancora una situazione di emergenza e le decisioni cose devono essere riprese con calma. Diciamo che si stanno programmando delle cose. Punto». Niente chiusura, ma i problemi ci sono, eccome. Aggravati dal trasferimento del day hospital oncologico dal San Bartolomeo al Sant’Andrea. Dove si è aggiunto il carico degli utenti di Sarzana e della Val di Magra (alla Spezia gli infermieri sono una dozzina, quelli di Sarzana tre, di cui uno in malattia). Una situazione di sovraccarico che va avanti dai primi di marzo, data dello spostamento degli assistiti da Sarzana a Spezia. Un trasferimento dettato da più di un’ esigenza, a quanto pare: il timore legato alla situazione di un ospedale in parte covid («mezzo sporco», dicono gli addetti ai lavori) e alla necessità di garantire il distanziamento di almeno due metri fra una poltrona e l’altra. Senza contare l’estrema difficoltà di reperire organici per assicurare un maggior numero di prestazioni. Un quadro reso ancor più critico dalla necessità di garantire le ferie agli operatori, sottoposti a turni massacranti negli ultimi 4 mesi. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso alla Spezia, ultimamente, è la situazione della sala d’attesa, definita un «pertugio di pochi metri» da chi è costretto a frequentarla: uno spazio già insufficiente per i soli pazienti spezzini, dove i disagi si sono moltiplicati con l’arrivo dell’utenza della Val di Magra con un incrementato delle prestazioni del 35%. Questo significa che il solo rispetto delle distanze imposte dall’emergenza covid diventa complicato.

ìE così la sala d’attesa si è spostata... all’aperto, nei giardini. Con la situazione, al limite del grottesco, di pazienti in attesa con l’ombrello aperto sotto la pioggia, come è avvenuto recentemente. Una situazione che ha scatenato la rabbia degli assistiti. Chi ben conosce la realtà del servizio, sa però – a parte le carenze strutturali del vecchio ospedale e i tempi biblici del Felettino – che sono i problemi di organico a rendere difficilmente gestibile il potenziamento delle strutture, peraltro possibile, soprattutto a Sarzana, senza lavori di grande impegno. Qui, per dire, sarebbe sufficiente l’abbattimento di una parete realizzando uno stanzone unico per ospitare i pazienti oncologici della chemioterapia, e garantire un minimo di privacy nel corridoio con un banale cartongesso. Alla Spezia, poi, i servizi che ruotano attorno all’oncologia sono disseminati in molti spazi, con ambulatori al terzo piano del padiglione 6, ambulatori al piano terra del padiglione 5, il day hospital al piano terra del padiglione 6, posti letto al primo piano del padiglione 6 assieme alla Medicina. Una organizzazione logistica tutt’altro che ottimale.  La realtà, soprattutto sul fronte del day hospital oncologico, è che molti nodi devono essere ancora sciolti. Tramontata l’idea a suo tempo suggerita di utilizzare la casa della salute di Sarzana per ospitare il servizio, resta l’incognita dei tempi e dell’assetto logistico del nuovo reparto, praticamente pronto al San Bartolomeo, il cui destino però è legato alla sorte dell’hospice, ora nella stessa ala, che potrebbe trasferirsi nel complesso quasi ultimato davanti all’ospedale San Bartolomeo (ammesso che lì non venga trasferita la Rsa Sabbadini). Insomma, a parte gli interventi di carattere strutturale e degli spazi (a Sarzana due ali del nosocomio sono praticamente vuote), cui si è purtroppo aggiunta l’emergenza pandemia, il nodo restano le scelte strategiche di politica sanitaria e la destinazione di adeguate risorse di personale. Obiettivi che non sembrano, in questa fase, proprio dietro l’angolo.