
Un’azienda storica e appetibile, trovatasi in affanno per la malattia che colpì il titolare; un pool di colletti bianchi che marcarono stretti i figli dell’imprenditore allettandoli con la proposta di rilevare le quote senza propositi virtuosi.
Fu il mix di fattori che generò una beffa. Sì, perché gli aspiranti compratori rilevarono le quote ma successivamente non saldarono i conti, dando invece il la a distrazioni patrimoniali per 800mila euro e quindi al crac a danno di centinaia di creditori.
Il fallimento è quello della Oscar Giannessi Srl, storica azienda metalmeccanica spezzina dell’indotto dell’Oto Melara.
I fatti risalgono a nove annni fa. Venerdì scorso è arrivata la sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta degli imputati, originari di Piacenza: 9 anni di reclusione a Piero Pancotti, 3 anni e 9 mesi ad Alessandro Bissi e 2 anni a Maurizio Santoro. Oltre alle pene detentive, quelle interdittive (calibrate per responsabilità) e l’obbligo, in capo agli imputati, di risarcire in solido le parti civili con 300mila euro a titolo di provvisionale.
La sentenza è del collegio presieduto dal giudice Diana Brusacà (al suo fianco c’erano i colleghi Fabrizio Garofalo e Giacomo Nappi).
Ha fatto così centro la tesi del pubblico ministero Rossella Soffio che attribuiva ai tre, pur con responsabilità diverse che hanno fatto da battistrada alle pene proporzionali, il ruolo dei burattinai del crac dell’azienda spezzina. Questo venne dichiarato da Tribunale della Spezia il 10 ottobre 2012 su istanza, allora, del pm Giovanni Maddaleni. Il magistrato inquirente dell’epoca - sull’onda della querela dei venditori scattata a fronte dei mancati adempimenti dei compratori rispetto agli impegni contrattuali - ricostruì l’intrigo.
Emersero subito gli indizi che l’operazione avrebbe avuto come obiettivo quello di spogliare la società, distraendone la liquidità, in beffa a venditore e creditori. E così effettivamente avvenne come ora ha accertato il Tribunale davanti al quale si sono imposte le relazioni della squadra di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza , le argomentazioni del pm Soffio e dei legali di parte civili, l’avvocato Paolo Munafò (per la curatela fallimentale) e l’avvocato Roberto Caranzano (per la famiglia Giannessi)
Due anni fa erano usciti di scena dal processo, con l’assoluzione all’esito dell’ammissione al rito abbreviato discusso allo stato degli atti, due coimputati: Antonio Antognoli e Elvira Impagnatiello; riuscironoa dimostrare di aver eseguito ordini superiori senza avere avuto all’epoca percezione delle dinamiche da codice penale. La procura ha però impugnato il verdetto; il processo bis è ai blocchi di partenza della Corte di Appello di Genova.
Corrado Ricci