Attacco Houthi alla Duilio, di stanza alla Spezia: famiglie dei marinai tra ansia e sollievo

In provincia risiedono gran parte dei 195 membri dell’equipaggio del cacciatorpediniere. Il drone delle milizie abbattuto con sei colpi del cannone 76/62 prodotto da Oto Melara

Nave Duilio mentre scorta un mercantile

Nave Duilio mentre scorta un mercantile

La Spezia, 4 marzo 2024 – C’è stato un momento, nel tardo pomeriggio di sabato, in cui decine di famiglie spezzine sono rimaste col fiato sospeso. Una situazione di incertezza, fatta di preoccupazioni e di timori, durata alcune ore e rotta solamente dalle prime veloci telefonate e dai messaggi rassicuranti di chi, a migliaia di chilometri di distanza, assicurava di stare bene, che il pericolo era ormai passato.

Stiamo parlando delle famiglie dell’equipaggio di Nave Duilio, il cacciatorpediniere impegnato nel Mar Rosso che sabato pomeriggio ha individuato e abbattuto un drone lanciato contro l’unità navale dalle milizie Houthi.

La nave è di stanza nella base navale della Spezia, e proprio in città e in provincia risiede la stragrande maggioranza dell’equipaggio del cacciatorpediniere.

Famiglie, mogli, compagni e figli che alla diffusione delle prime notizie da parte del ministero della Difesa, sono stati avvolti da una più che comprensibile preoccupazione per quanto era accaduto nel Mar Rosso.

C’è chi ha provato a telefonare, chi ha mandato un messaggio, e la mancata risposta non ha fatto che aumentare il senso di incertezza. In tarda serata, la telefonata liberatoria. Poche decine di secondi, per rassicurare i propri cari, per tranquillizzare i figli, e dire che nonostante l’accaduto, era andato tutto per il meglio.

Nave Duilio è partita dalla base navale cittadina lo scorso 28 gennaio: a bordo, 195 militari. Da circa un mese si trova nel Mar Rosso, per difendere i traffici commerciali, in attesa di prendere parte – come unità ammiraglia – al programma europeo Aspides.

«Dobbiamo mettere a sistema che non è un’area no-risk, ma anzi è una conflict zone. C’è una valutazione importante del rischio, ma siamo addestrati e approntati per essere in missione qui – spiega il comandante di Nave Duilio, il capitano di vascello Andrea Quondamatteo –. Questa prontezza mantenuta per periodi prolungati è faticosa, per questo vorrei fare un plauso al mio personale. Un ringraziamento anche alle loro famiglie, che vorrei rassicurare. Stiamo tutti bene, l’equipaggio è composto da professionisti altamente concentrati e formati. Fanno bene il loro lavoro e io sono orgoglioso di essere il loro comandante. L’azione di ieri non è stata l’azione di un comandante, ma di un intero gruppo coeso".

A tenere alto il morale della truppa a bordo, ci sono anche decine di mail e lettere di ringraziamento che i marittimi inviano a Nave Duilio: "Le leggiamo all’interfono – afferma Quondamatteo –, l’equipaggio si emoziona sentendo le parole di ringraziamento. Da figlio di marittimo, mi sento vicino a quelle persone perché ho vissuto quello che vivono ogni giorno le loro famiglie".

Dall’inizio di febbraio, il Duilio ha protetto 14 navi in quel tratto di mare sul quale transita gran parte dell’economia italiana e sul quale in questi giorni si sono intensificati gli attacchi degli Houthi.

"È stata localizzata una traccia aerea sconosciuta – illustra Quondamatteo –. Il profilo era minaccioso e, dopo il riconoscimento ottico attraverso i sensori di bordo di un drone della stessa tipologia e comportamento di quelli che nei giorni scorsi si sono resi autori degli attacchi al traffico mercantile nell’area, Nave Duilio ha reagito per autodifesa".

Messa a fuoco la minaccia, in quel momento, è entrato in azione il Super Rapido 76/62 mm, cannone progettato realizzato alla Spezia da Oto Melara: un’arma che ha fatto le fortune dell’azienda oggi confluita in Leonardo – ha rappresentato un notevole successo commerciale, essendo stato adottato da 53 marine di tutto il mondo – con la capacità di sparare centoventi colpi al minuto, che lo rende particolarmente adatto per la difesa antiaerea e anti-missile e per la difesa di punto. Ne sono bastati sei, per abbattere il drone quando si trovava a una distanza di poco inferiore ai sei chilometri.