Muretti a secco, Amalfi chiede aiuto al Parco

Dopo la disastrosa frana dei giorni scorsi, sollecitata una consulenza per l’importazione in Campania del ‘modello Cinque Terre’

Un gruppo di ragazzi impegnati in attività di manutenzione

Un gruppo di ragazzi impegnati in attività di manutenzione

di Franco Antola

Qualcuno, a mezza voce, ne mette in dubbio l’efficacia come presidio a difesa del territorio, specie quando la natura si scatena e la pioggia si trasforma in devastanti fenomeni estremi. Eppure i muretti a secco delle Cinque Terre non solo restano un prezioso patrimonio storico-ambientale tutelato dall’Unesco, ma cominciano anche a… fare scuola. Qualche giorno fa, per esempio, tecnici di Amalfi – comune alle prese con un disastroso cedimento del crinale affacciato sulla perla della Costiera – hanno interpellato gli uffici del Parco nazionale per una consulenza sulla manutenzione dei terrazzamenti di quel territorio in funzione di una replicazione del ‘modello 5 Terre’ in Campania.

Quella dei muretti a secco è una storia millenaria, perpetuata da secoli di fatiche indicibili per strappare fazzoletti di terra coltivabile ai pendii ripidi affacciati in qualche caso a strapiombo sul mare. Oggi sotto l’azione di fenomeni climatici sempre più violenti e improvvisi e del progressivo abbandono del territorio rischiano una lenta agonia, per quanto il Parco delle Cinque Terre abbia messo in campo una serie di interventi per garantire la loro sopravvivenza non solo ‘simbolica’, ad uso e consumo dei turisti, ma come presupposto di valorizzazione del prezioso patrimonio di biodiversità. E’ in questo contesto che si colloca, in primo luogo, StoneWalls ForLife, progetto europeo che ha l’obiettivo di recuperare sei ettari di muri a secco nel Parco, partito a fine 2019, poi rallentato dalla pandemia ma attivo fino al 2024. Un programma pilota finanziato nell’ambito del Programma Life ("Adattamento al cambiamento climatico"), volto al recupero e al mantenimento di una porzione significativa di terrazzamenti con muri a secco e delle relative opere di regimazione idraulica. Tecnicamente, il progetto prevede interventi per il recupero dei terrazzamenti anche attraverso l’adozione di metodologie innovative di rinforzo del terreno nell’area pilota individuata nel comune di Riomaggiore (anfiteatro di Manarola) grazie anche al lavoro preparatorio dalla Fondazione Manarola. Nel programma anche corsi di formazione per operai da impegnare nella ricostruzione dei muri, il monitoraggio scientifico delle aree attraverso l’installazione di stazioni di monitoraggio multiparametriche, lo studio di due ulteriori aree di intervento nei comuni di Monterosso e Vernazza per una possibile replicazione dell’intervento sul territorio, col trasferimento dell’esperienza acquisita anche in altri contesti Ue quali il Parc del Garraf (Barcellona). Un lavoro di grande valenza scientifica che vede un qualificato partenariato al fianco del Parcoe, capofila del progetto, come l’Università di Genova-Distav, responsabile della analisi dell’effetto del cambiamento climatico sul territorio, la stessa Fondazione Manarola, che ha già svolto una parte propedeutica al progetto, e Itrb Group che metterà a disposizione la sua esperienza nella redazione di proposte. Legambiente, dal canto suo, contribuirà all’analisi della riproposizione del progetto in altre località delle Cinque Terre e metterà in campo la sua esperienza in progetti di sostenibilità ambientale. In campo anche un partner internazionale, Diputaciò Barcelona, che ha un ruolo chiave nella replicabilità del progetto in altre aree dell’Unione Europea con condizioni simili alle Cinque Terre.

L’impegno finanziario, spiegano negli uffici di Manarola, è cospicuo, circa tre milioni di euro in capo alla Ue, cui si aggiungo altri 800mila euro del Parco, che ha chiesto a sua volta l’attivazione di un intervento ministeriale. Accanto a queste misure, per la gestione e la manutenzione dei seimila km di muretti che insistono nel perimetro del Parco, c’è un bando da 700mila euro, di cui in questi giorni si è parlato anche per alcune ‘anomalie’ che hanno portato alla denuncia di alcuni beneficiari accusati di aver ottenuto illegittimamente il contributo realizzando muri in cemento o fuori dal perimetro delle zone agricole. Aspetti legali a parte, i muretti a secco rappresentano davvero una difesa efficace contro il dissesto idrogeologico, o non è il caso di cambiare rotta? "Stonewals For Live – rispondono dal Parco – serve proprio questo, garantire la salvaguarda di quei manufatti migliorando tecniche costruttive e introducendo particolari accorgimenti, in coerenza con l’identità dei muretti tradizionali. E’ chiaro però che a fronte di eventi meteo estremi non sono solo quelle strutture a venir giù, le alluvioni distruggono ben altre opere".