Muore su nave per sospetto Covid, la famiglia chiede aiuto: "Il corpo bloccato a bordo"

Il comandante Capurro aveva 62 anni, la famiglia vive alla Spezia. La Procura ha aperto un'indagine, la famiglia lancia una raccolta fondi

Angelo Capurro

Angelo Capurro

La Spezia, 27 aprile 2021 - "Aiutateci a riportare mio marito in Italia e a scoprire le cause del suo decesso". È l'appello di Patricia Mollard, la vedova del comandante Angelo Capurro, morto lo scorso 13 aprile, a 62 anni, per sospetto Covid, mentre stava navigando nell'oceano Indiano, al largo di Durban.

"Il corpo di mio marito si trova ancora a bordo della nave che comandava. L'imbarcazione si trova ora all'ancoraggio a poche miglia dal porto di Jakarta in Indonesia - racconta la donna, che con i figli ha lanciato una campagna di raccolta fondi per sostenere le ingenti spese per il rientro del feretro - Chiediamo aiuto per avere la giustizia che Angelo merita, perché possa finalmente riposare in pace e ritrovarci in Italia, sua madrepatria".

Secondo i congiunti, la causa della morte potrebbe essere il Covid, che l'uomo potrebbe aver contratto nei tre spostamenti aerei fatti per raggiungere la nave, o forse direttamente a bordo. "Gli ultimi giorni sono stati strazianti - ricordo la vedova - nelle telefonate e nelle e-mail diceva di non riuscire più a respirare, ma i soccorsi non sono stati attivati per tempo".

La compagnia marittima

La compagnia della nave, la triestina Italia Marittima, esprimendo le "più sentite condoglianze alla famiglia" sostiene di essersi "immediatamente attivata per deviare il viaggio della nave, la Ital Libera", verso Jakarta per "consentire tutti i necessari adempimenti".

Le cause della morte "sono in corso di accertamento da parte delle competenti autorità. Italia Marittima sta prestando la massima collaborazione a riguardo".

L'indagine spezzina

Sulla vicenda la Procura de La Spezia, dove abita la famiglia Capurro, ha aperto un'inchiesta dopo che la famiglia ha presentato un esposto per omissione di soccorso e perché vengono accertate le cause della morte. "Il nostro appello - prosegue la famiglia - serve per ridare ad una categoria necessaria e sacrificata come quella dei marittimi la giusta dignità, in modo che quello che è accaduto non solo non passi inosservato nel silenzio generale, ma che sia motivo di svolta e di attenzione verso le problematiche che quotidianamente ogni uomo di mare - e giocoforza i familiari e gli affetti che li circondano - sono costretti a subire".

I parenti chiedono l'intervento delle autorità italiane e internazionali perché dopo due settimane la salma giace ancora nella nave, in attesa che le autorità diano il nullaosta allo sbarco. "Per poter fare chiarezza - hanno concluso - l'unica soluzione è che venga inviato in loco l'anatomopatologo indicato dalla Procura per svolgere l'autopsia e poi procedere con il rimpatrio della salma".

La raccolta fondi

La famiglia ha aperto una raccolta fondi sulla piattaforma gofundme per sostenere le spese di rimpatrio della salma e per inviare sul posto un medico anatomopatologo che possa stabilire le cause della morte. Questo il messaggio scritto dal figlio del comandante, Angelo Federico, che spiega le ragioni dell'iniziativa: "Salve a tutti, mi chiamo Angelo Federico Capurro e a nome della mia famiglia, Capurro- Mollard, vi chiedo aiuto. Il corpo di mio padre si trova ancora a bordo della nave che comandava e dove è morto il 13 aprile. L'imbarcazione si trova all'ancoraggio a poche miglia dal porto di Jakarta in un ginepraio di burocrazia infinita. Siamo ancora in uno stallo alla messicana che non ha nulla di divertente, ma è tutto così assurdo, brutale e pieno di orrore che supera la realtà filmica. Mai avrei pensato di dover aprire una pagina simile per qualcuno che amo, ma la burocrazia e la situazione orrorifica in cui verte la mia famiglia al momento mi impone di trovare il modo per fare qualcosa di utile e concreto. Mi trovo costretto, da figlio, ad accantonare il mio stesso dolore per farmi forza e affrontare quello che sembra essere un labirinto pieno di imprevisti e strade sbarrate, di cui non si vede la fine. In nome di mio padre, di tutta quella categoria di ESSERI UMANI di cui lui stesso faceva parte, mi trovo a chiedervi aiuto: Aiuto per avere la giustizia che merita, per fare in modo che possa finalmente riposare in pace e ritrovarci qui, in Italia, la sua madre patria. Vi chiedo aiuto per ridare ad una categoria NECESSARIA e SACRIFICATA come quella dei marittimi la giusta dignità, in modo che quello che è accaduto a mio padre non solo non passi inosservato nel silenzio generale (come se la sua vita fosse meno importante di quella di un lavoratore qualunque), ma che sia motivo di svolta e di attenzione verso le problematiche che quotidianamente ogni uomo di mare - e giocoforza i familiari e gli affetti che li circondano - sono COSTRETTI a subire in un omertoso e vergognoso mutismo generale. Ci batteremo affinché questa tragedia non sia solo una delle tante, una statistica dimenticabile. Non ci fermeremo. Per questo vi chiedo di unirvi a noi, con un like, una condivisione, e se nelle vostre possibilità una donazione. La quota qui raccolta andrà a coprire le spese per riportarlo da noi, ma soprattutto quelle necessarie per fare in modo che un anatomopatologo possa partire dall'Italia e verificare le cause della morte di mio padre. Perché abbiamo bisogno di fare chiarezza, in quanto il suo decesso fin dal primo momento è stato circondato da una fitta nebbia di silenzio e informazioni date con il contagocce. Abbiamo bisogno di voi. Siate il suo equipaggio, e aiutateci a farlo tornare indietro".