
Il super missile costruito segretamente a punta Castagna di Porto Venere
Porto Venere (La Spezia), 26 ottobre 2017 - IN UN laboratorio sotterraneo della Batteria Castagna, che si sviluppa sull’omonima punta nel comune di Porto Venere, negli anni Settanta venne assemblato un vettore destinato ad ospitare e condurre una testata nucleare da un megatone. Tutto calcolato per la destinazione finale: Mosca. Un progetto top secret per dare forma ad un super-missile, da lanciare dall’incrociatore Giuseppe Garibaldi, destinato a cambiare la storia, qualora i venti della guerra fredda avessero cominciato a soffiare impetuosi e l’Occidente fosse stato messo sotto scacco dall’Urss. Quell’impresa, d’alta tecnologia oltreché figlia della politica di quei tempi e della sovranità limitata dell’Italia eterodiretta dagli Stati Uniti liberatori, è ricostruita nel libro “Spezia nella guerra fredda – Il titanico sforzo di difendere l’indifendibile” scritto da Stefano Danese e Silvano Benedetti (Edizioni Cinque Terre, 180 pagine, € 25) che sarà presentato oggi alle 18 al Circolo Ufficiali; i due ricercatori (il primo già autore dei libri sulle fortificazioni del golfo ed altri volumi di storia, il secondo direttore del Museo Navale) così rilanciano il loro impegno a ricostruire le vicissitudini militari del Golfo, tornando ad occuparsi (dopo aver ricostruito l’epopea dello sminamento e della liberazione del golfo dai relitti nel Dopoguerra ad opera dei palombari) del ruolo svolto della nostra città durante i conflitti del secolo scorso, affrontando questa volta, appunto, il periodo della Guerra Fredda. Dallo studio degli archivi rimasti segreti fino a pochi anni fa sono infatti emersi documenti che testimoniano scenari incredibili relativi al periodo di crisi internazionale che ha rischiato più volte di sfociare in conflitto nucleare e il ruolo strategico svolto dalla nostra città in quegli anni.
SULLA Castellana, cento metri sotto la vetta, nel ventre della montagna, era stata, ad esempio, costruita la location destinata ad ospitare la centrale operativa della Marina qualora le strutture degli enti militari alla luce del sole fossero stati bombardati. Così, sotto il monte Santa Croce, in un dedalo di tunnel, era stata allestita una gigantesca centrale elettrica, con officine in grado di effettuare ogni riparazione e costruzione necessaria al suo funzionamento in maniera completamente indipendentemente dall’esterno, nel caso fosse stato dato l’ordine del “chiudete la montagna”. Ma questi sono solo alcune delle ricostruzioni inanellata da Danese e Benedetti. Grazie all’accesso ad archivi Militari e privati dei due autori (Archivio di Marinarsen, del Museo Tecnico Navale, del Genio Militare, dell’Ufficio Storico della Marina, del Centro di supporto e sperimentazione navale, di Comsubin e gli archivi privati Rolla, Ferrari e Lotti) è stato possibile raccontare attraverso immagini e documenti originali ed inediti la storia di tutte le cosiddette Opere Protette, chiarendo e spiegando la loro funzione partendo dalla loro creazione per arrivare al loro ruolo durante la Guerra Fredda.
«Per Opere Protette si intendono tutte le gallerie scavate nella roccia delle montagne del golfo spezzino che tutti noi possiamo vedere da San Bartolomeo ai Colli, da Fabiano a Marola; costruite in previsione di un possibile conflitto, alcune già abbozzate durante la seconda guerra mondiale vennero utilizzate come rifugio antiaereo nel ‘43, altre costruite ex novo, per essere poi impegnate nella difesa passiva degli obiettivi strategici con l’ingresso dell’Italia nella N.A.T.O. e l’inizio della Guerra Fredda» spiegano gli autori. Il libro è una testimonianza fondamentale e indispensabile per comprendere una parte importante della storia del nostro territorio fino a poco tempo fa completamente sconosciuta e ricca di grande fascino; l’imponente apparato fotografico rende quest’ultima opera di Danese e Benedetti unica nel suo genere.
Corrado Ricci