REDAZIONE LA SPEZIA

L’ultimo superstite: "Nessun apprendista ha voglia di imparare"

Elio Schiaffini, l'ultimo sarto di Spezia, custode di un'arte antica in via d'estinzione. Con passione e dedizione crea abiti su misura che valorizzano chi li indossa, contrastando la tendenza alla moda veloce e omologata.

È rimasto l’unico in città, l’ultimo baluardo di un mestiere nobilissimo e quasi dimenticato. Elio Schiaffini ha cominciato a fare il sarto quando era bambino e non ha mai smesso, anche oggi che ha superato gli ottanta. Quando chiuderà bottega a Spezia nessuno raccoglierà il suo testimone, è una vera e propria arte andrà perduta. "Ho avuto diversi apprendisti, ma nessuno ha mai avuto la volontà di imparare davvero. Non sembra, ma è un mestiere di sacrificio: servono tenacia e pazienza, prima ancora delle qualità di taglio e cucito". Il suo apprendistato, come era tipico negli anni immediatamente successivi alla guerra, è stato molto duro. "Si entrava alle otto di mattina e si usciva la sera tardi. Le sartorie all’epoca erano piene di ragazzini che volevano imparare il mestiere, ricordo che ci sfidavamo a chi finiva prima a fare un paio di maniche o a cucire un paio di pantaloni".

Elio voleva primeggiare, e con il coraggio tipico di una generazione che seppe credere così tanto nel futuro da crearlo con le proprie mani, mise tutto se stesso nell’apprendimento di un mestiere che giorno dopo giorno sentiva di amare. "Senza passione – sottolinea il maestro – non si può durare a lungo in questo settore. Per fare un abito su misura occorrono almeno cinquanta ore di lavoro. Una volta scelta la stoffa insieme al cliente e prese le misure si disegna il modello e si imbastisce la prima prova. Davanti allo specchio si guarda quali correzioni effettuare e si scuce completamente l’abito, questo per altre due volte, per assicurarsi che tutto sia perfetto. Si cuce poi con il filo di seta, si stira con ferri pesantissimi che attraverso la loro pressione contribuiscono a creare la linea della giacca e così si arriva alla consegna finale".

Un procedimento lungo e laborioso, capace però di creare un vestito che valorizza e distingue la persona che lo indossa. "Un tempo anche le persone umili e semplici, per sottolineare la dignità di un momento, come poteva essere andare alla messa la domenica, partecipare a una festa, firmare un documento in banca, indossavano un abito. Adesso quasi nessuno lo fa più, strapagando jeans già strappati ma griffati e felpe informi costosissime. Proprio per questo, quando qualcuno viene da me perché non vuole essere uniformato alla massa, lo servo ancora con grande piacere. Nonostante tutto mi piace ancora moltissimo fare il sarto".

Vimal Carlo Gabbiani