
Fu licenziato in tronco per aver effettuato un annuncio su Facebook per trovare persone interessate all’acquisto o al baratto di alcune bobine di legno di proprietà della sua azienda, una volta che le stesse fossero state liberate dai cavi elettrici avvolti attorno. Accadeva nell’aprile del 2019. Una mazzata per l’operaio Diego D.; vane le sue giustificazioni in ordine al mero tentativo di saggiare l’esistenza di un mercato per poi, in caso di riscontro, rendere edotta l’azienda e chiedere l’autorizzazione alla asportazione e alla vendita delle bobine rimaste senza futuro nel ciclo produttivo interno. A due anni e 8 mesi dal siluramento dell’operaio arriva, per via giudiziaria, il colpo di spugna dalla lettera di licenziamento con indotto ordine all’azienda di reintegrare il dipendente e pagargli gli stipendi mancati (al netto di eventuali introiti che lo stesso si è procurato per sopravvivere). La sentenza è del giudice Marco Viani in accoglimento dell’istanza dei legali della Cgil - gli avvocati Alberto ed Isabella Benifei - che hanno tutelato il lavoratore contrastando gli addebiti mossi dall’azienda, la Cobra Instalaciones Y Servicios S.A. Da una parte hanno mosso un rilievo formale di carattere procedurale: il ritardo di un giorno dell’emissione della lettera di licenziamento; dall’altra un affondo sostanziale in ordine alla sproporzione fra fatto contestato e determinazioni estreme assunte dall’azienda, il licenziamento, appunto.
Risultato: il lavoratore può tornare al suo posto; per lui anche il tesoretto (da quantificare) costituito dagli stipeni da recuperare. Per l’azienda, in parallelo, la la condanna al pagamento delle spese di lite per un ammontare di 6mila euro.
Corrado Ricci