"Lasciatevi travolgere dai 'film' di Puccini. Opera e classica? Vanno rese democratiche"

Beatrice Venezi: "Ancora tanto da fare per la parità tra generi. Ma non sia una battaglia di sola forma"

Il direttore di orchestra Beatrice Venezi, ospite sabato a Montemarcello

Il direttore di orchestra Beatrice Venezi, ospite sabato a Montemarcello

Montemarcello (La Spezia), 23 settembre 2021 - Sabato sarà uno dei protagonisti della rassegna organizzata da Qn-La Nazione, in collaborazione con Regione Liguria: ‘Aspettando i dialoghi sulla bellezza’. Beatrice Venezi, direttore d’orchestra, con questo elemento vive ogni giorno e ne diventa testimone e testimonial.  

Beatrice, quanto c’è bisogno di bellezza in questo mondo? "Stiamo uscendo con fatica dalla pandemia e credo fermamente nel motto di Dostoevskij: ‘la bellezza salverà il mondo’. Mi auguro che non perderemo tutto quello che abbiamo imparato in questo periodo: valorizzare il paese e le sue eccellenze, assaporare lentamente le cose. Sembrava avessimo capito quali siano i tesori dell’Italia, che soffre del complesso dell’erba del vicino e poi non valorizza il suo giardino. Non è nazionalismo: lo vedo piuttosto come amor di patria".  

Se pensa al bello, cosa le viene in mente? "Sono molto fortunata, perché immersa quotidianamente in questo. Ora le sto parlando dall’Olimpico di Vicenza: un’immagine di bellezza assoluta, come tutti i teatri italiani e non solo. Senza dimenticare il contatto continuo con la materia musicale".  

Per tante persone la classica risulta non immediata: quali consigli dà per abbracciarla al meglio? "Credo sia solo più complessa e lunga rispetto alla musica leggera; serve uscire dallo schema mentale secondo cui si deve capire e conoscere prima di fruire: emozioniamoci, piuttosto. E se vogliamo andar a fondo, è più facile seguire l’opera lirica, che ha una trama: consiglio di partire da Giacomo Puccini, che non cito per campanilismo (entrambi sono originari di Lucca, ndr.) ma per la sua modernità e la sua sensibilità, quasi cinematografica, nella gestione dei tempi drammatici".  

Esser nata qui le ha dato un imprinting? "Sì, un valore aggiunto fondamentale. Anche se è più vantaggioso all’estero che in un’Italia che soffre di esterofilia".  

Una figura come la sua può contribuire a far tornare classica ed opera in auge? "Ogni giorno, con la mia attività, provo a render questa musica democratica, accessibile e fruibile ai non addetti ai lavori. Quando qualcuno mi dice di esser venuto a teatro perché l’ho incuriosito, per me è una vittoria. Certo, servirebbe anche un ricambio generazionale delle figuri apicali del mondo della cultura italiana".  

Donna e con la bacchetta in mano. Le ha creato difficoltà questa combinazione? "Sì, è stato difficile ed ancora oggi, tutti i giorni sento di non aver infranto questo tetto di cristallo; purtroppo bisogna far ancora tanto. Oggi c’è sicuramente più apertura rispetto a qualche tempo fa, anche se sembra quasi una moda, piuttosto che un reale cambiamento di passo".  

Quindi, cosa ci vorrebbe per determinarlo? "Bisognerebbe mettere di parlare di questioni formali e concentrarsi su quelle concrete: oggi le donne faticano a conciliare carriera e famiglia, per far un esempio. Allora, perché non aprire più nidi aziendali? E che dire delle differenze salariali? Servono battaglie reali e non formali come quelle che si continuano a vedere".  

Si riferisce, ad esempio, alle quote rosa? "Anche".  

Celebre la sua presa di posizione: voglio esser chiamata direttore. Invece, c’è chi usa lo ‘schwa’, in un mondo al femminile che si muove fra Palombelli e Murgia. Lei dove si colloca? "Né da una, né dall’altra parte: concentriamoci sulla concretezza e quel che conta davvero. Il linguaggio è conseguenza di azioni e fatti reali e non viceversa: bisogna puntare ad autodeterminazione e rispetto delle proprie scelte, poi ognuno è libero di farsi chiamare come meglio crede".  

La sua immagine pubblica è molto forte: teme che possa andare in primo piano rispetto a talento e impegni professionali? "Non sono sono più di tanto separati: faccio parte del mondo cultura e allo stesso tempo di quello dello spettacolo. E poi, la mia immagine di una persona legata alla classica in tv può contribuire a ‘normalizzare’ questa musica, collocandola nella cultura del quotidiano, come del resto accade in quasi tutto il resto del mondo".  

Nel suo profilo Instagram si definisce: ‘conductor, traveler, dreamer’. In che misura è queste cose? "Conductor and traveler vanno insieme: grazie al mio lavoro, ricomincio a viaggiare tantissimo e questo mi consente di conoscere e vedere posti nuovi; dreamer la sono senza dubbio: se non avessi sognato e se non continuassi a sognare in grande, non riuscirei a raggiungere quello che ho fatto. Accontentarsi non è il mio forte".  

A che punto è la carriera di Beatrice Venezi? "Devo ancora conquistare tanti palchi nazionali ed internazionali, ma per aver 31 anni e non arrivare da una famiglia del campo e non appartenere ad alcuna casta, posso dire di esser molto soddisfatta per quanto raggiunto finora".  

Ci dia un’anticipazione su quello che porterà a Montemarcello. "Prenderò parte a un dialogo, anche se non in presenza (è impegnata a dirigere ’Histoire du soldat’ al Teatro Olimpico di Vicenza fino al 26 settembre, ndr). Preferirei, però, lasciar spazio alla sorpresa".