CHIARA TENCA
Cronaca

La meteora del Btomic. Spazio alieno e magico della controcultura: "Ha lasciato il segno"

Da centro i documentazione a luogo di ritrovo, creatività e musica. I fondatori: "Ci ha spezzato le gambe l’indifferenza degli ultimi anni".

Da centro i documentazione a luogo di ritrovo, creatività e musica. I fondatori: "Ci ha spezzato le gambe l’indifferenza degli ultimi anni".

Da centro i documentazione a luogo di ritrovo, creatività e musica. I fondatori: "Ci ha spezzato le gambe l’indifferenza degli ultimi anni".

Dal 2011 al 2015. Una parabola, finita, ma mai dimenticata, quella del Btomic, raccontata dai fondatori: Jacopo Benassi, Gianluca Petriccione, Roberto Buratta e Lorenzo D’Anteo.

Com’è nato?

"Avrebbe dovuto esser un locale, non un club: volevamo aprire nel 2011 un ostello gigante nell’ex scuola di via Firenze, quando c’era già il turismo, ma non di questa entità. Abbiamo preso in affitto quello che sarebbe diventato il Btomic con l’idea di collegarlo alla struttura, che non ci hanno mai dato, così ci è rimasto".

E il nome da dove deriva?

"Jacopo frequentava l’Atomic Club di Milano, insieme a Federico Pepe, art director di Le Dictateur; gli piaceva il nome, ma non avrebbe potuto esser lo stesso. Così, invece che Atomic, è diventato Btomic".

Una realtà quasi aliena alla Spezia, per impatto visivo, con quelle pareti scrostate e una valanga di oggetti che si armonizzavano magicamente, tanta ricercatezza e proposte altrimenti impossibili da godere qui.

"Abbiamo voluto fare uno spazio completamente nostro, bello da fotografare da ogni punto. Prima è stato centro di documentazione: producevamo audio, foto e interviste, ma anche video. C’erano l’editoria indipendente (Anti Btomic Publishing, ndr), autoproduzioni, incontri, concerti: pensavamo, anche insieme ai ragazzi dello staff come Andrea Luporini e Giulio Lamarra, che arricchissero la controcultura in una città che ora è sprofondata nella banale cultura, come il resto del mondo, peraltro. Siamo stati degli Indiana Jones alla ricerca di qualcosa che stava e sta sparendo. Certo, da Spezia le persone non venivano volentieri, i nostri frequentatori arrivavano da Aulla, Sarzana, Massa, Genova, Sestri, Milano, Firenze, Milano".

Chi erano i protagonisti del Btomic e come li sceglievate?

"In base alle proposte e alle persone che ruotavano intorno al locale, tutti del filone underground, da Jochen Arbeit a Julia Kent, da Fabrizio Modenese Palumbo a Lydia Lunch. Una grande sfida. C’è stato chi avrebbe voluto continuare a tener aperto, ma non era facile: si erano creati debiti e poi anche i ragazzi che hanno provato a rilevarlo (con il nome Frame, ndr), purtroppo non ci sono riusciti".

Amaro in bocca?

"Ci ha spezzato le gambe l’indifferenza degli ultimi anni, non solo del Comune, ma anche di quelli che pensavano di aver fatto cultura e ci hanno abbandonato, oltre che la movida del centro. Ci conforta che siano nate importanti collaborazioni, come ad esempio quelle di Balletto Civile con alcuni degli artisti che venivano a vedere. Non ci abbiamo mai guadagnato. Era un locale nato senza il progetto di un architetto, ma dall’anima e dal cuore di persone con lo stesso sguardo".

Che eredità vi lascia?

"Continuiamo a collaborare con tanti degli artisti passati da qui, che spesso vengono a trovarci: sono stati cinque anni intensi, che hanno lasciato un segno enorme nelle persone. E Jacopo è diventato l’artista che è oggi anche grazie al Btomic, nei cui locali apprese l’arte con Fregoso".

Chi potrebbe raccogliere il testimone del Btomic?

"Non potrebbe più esistere, perché i locali sono come gli I-phone: cambiano in base alle persone, a grande velocità. Spezia, poi, è un caso patologico. Siamo, però felici di realizzare questo tributo con gli Scarti e speriamo che il Camec porti cose belle per la città. Vogliamo nominare anche l’esperienza del Boss, meravigliosa e faticosa, in cui il nostro locale era insieme a Skaletta, Origami e Shake. Certo, ora se vuoi trovare questa cultura, devi cercarla da altre parti".

I fondatori del Btomic in una foto di Moreno Carbone