Muore a 15 anni nell'incidente, i fratelli distrutti: "Eri troppo per questo mondo"

I ricordi dei parenti e degli amici di Karen Schirano: "Era la mia principessa, l'amo con tutto me stesso". Un dolore infinito

Karen Schirano

Karen Schirano

La Spezia, 26 aprile 2017 – "Mi mancheranno le nostre coccole. Il tuo viso solare. La tua dolcezza, quando chiedevi il contatto fisico e noi ti strapazzavamo d’amore". E’ un fiume in piena Kevin Schirano, 23 anni – un lavoro in un cantiere nautico e una grande passione per il calcio e la maglia del Valeriano Favaro Alinò –, quando parla della sorella Karen. La sorella che amava e che non c’è più. Non si capacita. Si stropiccia le mani e gli occhi da troppe ore. Pensa a lei. E pensa a Justin, l’altro ragazzo di casa, 19 anni. Il fratello di mezzo. Non c’è empatia che possa raccontare le solitudini di questi due “sopravvissuti’’, ciascuno chiuso dentro il suo dolore. Justin, che non si dà pace, nella sua camera: "Dio si prende sempre le persone migliori, perché non si meritano di vivere in tutto questo schifo. Meritano di più, di meglio. E Karen era talmente speciale che ha deciso di portarla via con sé. Era la mia principessa, e l’amo con tutto me stesso".

Karen è morta nell'incidente di lunedì sera, intorno alle 23, nello schianto su una curva di via Antoniana. Era a bordo di un'auto guidata da un neopatentato, aveva preso al licenza di guida appena tre giorni prima. Il ragazzo è stato denunciato per omicidio stradale.

L'auto coinvolta nell'incidente (foto Frascatore)
L'auto coinvolta nell'incidente (foto Frascatore)

Sul diario di Facebook è tutto un fiorire di cuori e fiori per questa quindicenne che strappava sorrisi a chiunque la conoscesse. Agli amici, agli insegnanti, agli ex compagni della scuola di ballo “Dancing to dance project’’, con i quali ha diviso anni di sacrifici, esibizioni, emozioni e palpitazioni da palcoscenico. Karen frequentava la IF all’istituto “Casini’’. "Una ragazza stupenda: solare, dolcissima, un po’ fragile". Per raccontare di lei la preside dell’alberghiero, Margherita Gesu, seleziona con cura parole di dolcezza: "Era al suo primo anno da noi, ma anche i fratelli hanno frequentato la stessa scuola. E Karen era sempre circondata da amici, sempre disponibile e leale nei rapporti con i compagni e anche con gli insegnanti. Tutti noi ci stringiamo alla famiglia. Quando succedono queste cose, si cerca di allontanare il pensiero di un coinvolgimento diretto. E poi scopri che invece è successo a uno dei tuoi ragazzi, e la notizia colpisce come un pugno".

Ma sono forse le parole di Alex Calò, quelle che più rimangono impresse, per la lucidità di un’amicizia adolescenziale pura. Un’amicizia che è quasi fratellanza. "Ci sono persone che non possono assolutamente tornare, ma che al tempo stesso, pur non potendo tornare, restano estremamente presenti".

Karen e Alex – buffi questi ragazzi spezzini fin nel midollo e che portano con disinvoltura questi nomi stranieri – si conoscevano da sette anni, che a quell’età vuol dire da sempre. Papà Gaetano, originario di Taranto, sottufficiale della Marina ed ex economo del Museo Tecnico Navale, ora di stanza a Maricommi, con la famiglia abita infatti in un appartamento delle Palazzine Rosa di Pegazzano. La mamma di Karen, Juna Lampò, è invece originaria delle Grazie e lavora in un’impresa di pulizie. Lì, sul pianerottolo di quell’edificio, è nata l’amicizia tra i due adolescenti-fratelli: dirimpettai nella vita e nel cuore.

"E’ la mia vicina di casa – racconta Alex, con la voce rotta –. Siamo più che amici. Per me è una sorella, una confidente, un tutto. L’ho sentita anche lunedì sera verso le otto, al telefono. Mi serviva un casco e le ho chiesto se potevo prendere in prestito il suo. “Certo – mi ha detto –. Vai pure in casa, c’è mio padre. Io sono fuori con degli amici. Torno più tardi. Ci sentiamo domani’’. Un domani che non arriverà mai.