La Sagra dell’uva e del vino di Vezzano compie 59 anni. E ha accompagnato generazioni di vezzanesi, dai nonni ai nipoti, in un susseguirsi di compleanni di una festa contadina tra le più rappresentative della provincia. Un vero simbolo per il territorio. Gli abitanti di Vezzano, nel corso dei decenni, hanno conservato i loro abiti tradizionali, chiusi gelosamente negli armadi e tirati fuori a settembre per essere sfoggiati tra i carrugi. Spesso anche segretamente, con riunioni a casa dell’uno o dell’altro, per non farsi ‘scoprire’ dai rioni concorrenti, buttano giù il testo della disfida dialettale che magari contiene anche ‘frecciatine’ al vicino di casa. In un clima goliardico accettato da tutti perché in occasione della sagra ognuno lo sa, di poter essere preso di mira.
Per ogni rione colori diversi e abiti differenti, sia pure con alcuni punti di contatto: le gonne, i grembiuli, le camicie bianche con i pizzi, i pantaloncini al ginocchio e i cappelli, gli zoccoli di legno che si usavano una volta, perché la tradizione non si deve perdere. Questo, uno spirito eccezionale di attaccamento alla storia del territorio ha fatto sì che la manifestazione meritasse il titolo di evento autentico della Liguria. Si diceva una volta: ‘Cascasse il mondo ma la sagra dell’uva si farà’. E anche: ‘Se qualcuno si sente male alla sagra dell’uva, stai pur certo che rimane in piedi". Quest’ultima frase a significare l’autentica marea umana che si è sempre vista camminare e percorrere i carrugi dei vari rioni in occasione della sagra. Una marea talmente fitta da far sì che anche quando perdeva il baricentro nessuno cascasse mai davvero a terra. Lo racconta sorridendo Chiara Carella, capuriona del rione Borgo insieme a Francesco Battolini, rione più volte vincitore del palio e che anche quest’anno proverà a impadronirsi dello ’strazo’, simbolo della sagra. "Certo non sono più i tempi di una volta – riferisce Chiara –. All’inizio i rioni che partecipavano erano dieci, ormai siamo rimasti pochi, ma andiamo avanti con fatica e con impegno, questa festa racconta tutto di noi. Mi scelsero come capuriona che avevo 14 anni, allora ero insieme al mitico Giò Piron, praticamente io ci sono cresciuta nella sagra, a un mese di vita ero già vestita in braccio a mia mamma, ora vesto il mio bimbo. Ricordo le feste della mia infanzia, le ho vissute con più entusiasmo perché per noi adolescenti era l’occasione per stare fuori fino a tardi e nessuno ci diceva nulla". Giacomo Benettini e Jessica Simonini sono invece capurioni del San Giorgio, il primo che si incontra salendo da Fornola. "Mettere insieme la festa è un grande sforzo – dice Jessica –, siamo una quindicina di persone, cerchiamo di resistere. Ogni anno speriamo che qualcuno si aggiunga. I bambini sono piccoli, ma tanti, un domani faranno una bella squadra". Irrinunciabile la festa anche per Benedetta Simi, capuriona del Capitolo insieme a Nicola Prosperi. che punta a trattenere lo strazo vinto nella scorsa edizione. Anche quando si era trasferita lontano, per la sagra non poteva mancare e faceva 50 chilometri pur di esserci. "Sono esausta – dice – dopo tutte le sere trascorse nel rione a mettere a punto ogni cosa. Devo dire che però sono tanto contenta perché ci sono molti giovani che aiutano. Perché la gente dovrebbe venire a Vezzano? Perché è un luogo bello, l’atmosfera è gioviale, l’ambiente familiare! Ognuno si sente a casa". Sono impegnatissimi con il lavoro nel rione Piazza/San Michele Simone Angeloni e Marco Verelli, tutti i giorni fino a quando la festa si chiuderà. E già si pensa alla prossima edizione, quella dei 60 anni!
Cristina Guala