Infermiera aggredita: "Insulti e oltraggi a sfondo sessuale. Mi difenderò in aula"

Il racconto choc di un’operatrice che ha trovato il coraggio di denunciare: "Andrò in fondo alla vicenda per il rispetto che ho verso la professione"

Infermiere in ospedale  (immagini di repertorio)

Infermiere in ospedale (immagini di repertorio)

La Spezia, 13 aprile 2024 – Quarant’anni, madre di famiglia, infermiera da 14 anni, una parte dei quali in servizio presso una struttura pubblica. Come tante colleghe (lei è iscritta al sindacato Nursind, di cui è responsabile Assunta Chiocca) ha avuto modo di vivere sulla sua pelle l’esperienza di un’aggressione, anzi di due, l’ultima delle quali risalente a poche settimane fa. Niente di grave sul piano fisico, ma due ferite psicologiche difficili da rimarginare. In attesa dell’epilogo giudiziario dell’ultima delle due vicende, Maria – la chiameremo così, anche se il suo nome è un altro, per ovvie ragioni di sicurezza personale e di privacy – ha accettato di raccontare a La Nazione la sua esperienza.

Come è andata, Maria?

"Premetto che non ho riportato gravi problemi fisici, mi è rimasta invece tanta rabbia e lo sconforto per essermi sentita offesa nella mia dignità di donna e di operatrice. Tutto è successo quando dovevo consegnare il bicchiere della terapia alla persona che, come altri, doveva assumere il farmaco prescritto. La sua reazione è stata violenta e imprevedibile. ‘Quella medicina non la prendo’, ha urlato sbattendo il bicchiere in terra. ‘E ora raccoglilo’, mi ha intimato subito dopo. Sapendo come vanno certe cose, ho conservato la calma, cercando di spiegare a quella persona che se voleva poteva tranquillamente rinunciare alla terapia, ma non poteva pretendere che io raccogliessi quel bicchiere. Una questione di dignità".

E poi cosa è successo?

"Ho proseguito il mio giro, ma fatti pochi passi ho sentito distintamente quella stessa persona pronunciare parole gravemente offensive nei miei confronti, perlopiù a sfondo sessuale, anche se non sono mancati apprezzamenti e insulti verso la mia professionalità. Ecco, sono state quelle offese a ferirmi di più, soprattutto se penso a quanti sforzi noi operatori facciamo per dare una mano agli assistiti, in termini professionali ma anche di vicinanza e solidarietà umana. Per questo ho deciso di andare fino in fondo".

E l’altro episodio?

"E’ successo ormai un anno fa, in quell’occasione un assistito mi ha chiesto alcune informazioni, poi mi ha messo una mano sul collo. Anche in quel caso ho cercato di mantenere la calma, mi sono divincolata e non ho urlato, mi sono semplicemente allontanata, anche perché non c’erano testimoni e sarebbe stato difficile provare quello che era effettivamente successo. Mi è rimasto, questo sì, lo sconforto di capire quanto è difficile, oggi, fare il lavoro che faccio".