Green pass, chi controlla? ‘Siamo ristoratori, non vigili’

Malumori nei locali per la normativa legata all’obbligo del documento sanitario "Lavoriamo già tutti in piena sicurezza. E non possiamo ‘inseguire’ i clienti"

Davanti al proprio locale, come vigili al posto di blocco, in piedi, braccia conserte e irriducibili nel chiedere ai clienti: "Favorisca pass e prenotazione". Così si immaginano, storcendo il naso, alcuni ristoratori della città.

Riconoscendo la giusta finalità del green pass, ne rifiutano però la modalità che li trasformerebbe in vigilantes o peggio, arbitri dotati di fischietto ammonitore. A complicare la questione green pass per bar e ristoranti, infatti, è il delicato tema dei controlli: se è vero che le certificazioni saranno verificate solo dalle forze dell’ordine, lo è altrettanto il fatto che il pass sanitario deve essere esibito al titolare stesso nel momento dell’ingresso, pena per lui, cinque giorni di chiusura. "Faccio il ristoratore, non il vigile: ho già il compito di sorvegliare distanziamenti e mascherina all’interno del locale, manca solo di controllare anche gli ingressi". E’ chiaro Andrea Ceccatelli titolare con Jonathan Pisani del ristorante pizzeria “Il Picchio rosso” . "Mi sta bene l’obbligo del green pass per locali pubblici ma, preposte al suo controllo, devono essere le forze dell’ordine"

"Noi lavoriamo in tutta sicurezza e vogliamo continuare a farlo – prosegue Jonathan – e se l’obbligo del pass scongiura nuove chiusure, siamo favorevoli; non deve diventare però una misura che toglie il piacere di fare ristorazione e fa assumere un ruolo che non ci appartiene". Dello stesso parere è Andrea D’Avanzo della storica Osteria all’Inferno in centro città: "La cosa che non vorrei fare è diventare un vigile che controlla chi ha il green pass e chi no con l’aggravio, pure, di venire altrimenti penalizzato. Sono favorevole – dice Andrea – ad incentivare la vaccinazione, vista la risalita della curva dei contagi e l’evolversi della situazione. Tuttavia rimane antipatico da parte nostra chiedere il pass all’ingresso". Ha le idee chiare Giovanni Lanzini, titolare del ristorante Bif La Fiorentina: "Dal momento che facciamo osservare già tutte le norme igienico sanitarie previste, credo che per bar e ristoranti la certificazione non sia necessaria, anzi sia una forzatura: ne capisco l’obbligo per la partecipazione a grandi eventi ma non per consumare al ristorante o per un caffè.

Sulla stessa linea, Roberta Fraboschi che gestisce il Kairos cafè: "L’uso della mascherina e il rispetto dei protocolli che facciamo osservare nel nostro locale credo possano bastare a scongiurare il contagio". Anche Matteo Luppino e Sara Liguori, titolari del letterario “Resilience cafè” in via Vanicella non sono favorevoli all’obbligo della carta verde che, anzichè garantire la continuità lavorativa dei locali potrebbe avere l’effetto contrario. "Sono già tante, del resto, le misure alle quali ci atteniamo con scrupolo – commenta Matteo – e questa ulteriore regola potrebbe scoraggiare i clienti" "danneggiando le attività che – come sottolinea Sara – si stanno riprendendo dal periodo del lockdown".

Alma Poggi