Dimesso dal pronto soccorso, muore di Covid

Pochi giorni prima gli era stata somministrata la terza dose di vaccino. Vano il ricovero il quarto giorno dopo la scoperta della positività

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L’ultimo suo tribolato respiro risale al 24 novembre scorso, nel reparto Infettivi dell’ospedale Sant’Andrea: il Covid che si era palesato dodici giorni prima, alla distanza si è rivelato letale. Lui, pensionato di 73 anni, residente in Val di Vara, è morto a causa del contagio. Quel contagio di cui ebbe percezione grazie al test antigenico effettuato al pronto soccorso; lì l’uomo si era recato il 12 novembre, lamentando una spossatezza sospetta, sintomi potenzialmente riconducibili al Covid 19. In ospedale venne sottoposto ad una visita medica specialistica all’esito della quale non venne ritenuto necessario procedere al ricovero. L’uomo sperava di riprendersi, sperava che il virus allentasse la presa. Invece è stata l’escalation, fino al decesso, pervio ricovero che però si è dimostrato vano.

Insieme al dolore per la perdita del congiunto, un tarlo rode il cervello dei familiari, sotto la forma di domanda: "Se il nostro caro fosse stato ricoverato il giorno 12 novembre forse sarebbe ancora tra noi?". Un interrogativo rimbalzato all’Asl 5, dopo il funerale del defunto, in attesa della cremazione. Arriva dal cimitero dei Boschetti la notizia della salma in ’parcheggio’ in attesa di lumi, là dove i familiari non hanno ancora dato disposizioni per la cremazione dopo aver incassato, ieri, la risposta negativa dell’Asl all’istanza veicolata dall’avvocato Fabrizio Avvenente di dare corso a un’autopsia ai sensi della legge Gelli che permette di vagliare richieste di questo tipo da parte della struttura sanitaria senza ricorrere alla magistratura, con connessa apertura di un procedimento penale.

Il legale, in ossequio al mandato dei familiari, mantiene riserbo sulla vicenda, a cominciare dalle generalità dello scomparso. Ma le notizie rimbalzano in parallelo a una circostanza, che poi era quella alla base del quesito che lacera il cuore dei familiari: il loro congiunto soffriva di diabete. La malattia doveva indurre i sanitari che lo avevano visitato all’epoca dei suoi primi malesseri a particolari premure, fino all’eventuale ricovero per un più efficace monitoraggio della situazione? Le cure massive anti Covid sono scattate solo il 17 novembre, undici giorni dopo l’accesso con visita e dimissione dal pronto soccorso. La magistratura non è stata (quanto meno finora) interessata al caso. "I familiari stanno riflettendo sul da farsi" si limita a dire il legale. Intanto, però, la cremazione è sospesa.

Al di là della piega che prenderà la vicenda, se mai dovesse avere degli sviluppi, resta il monito, che merito essere rilanciato in pendenza della quarta ondata del coronavirus: nemmeno la tersa dose del vaccino ha un effetto scudo, tanto più a ridosso della somministrazione, come nel caso specifico nel quale l’inoculazione è avvenuta qualche giorno prima del malessere, probabilmente senza dare corso alla genesi degli anticorpi necessari per fronteggiare con successo gli effetti più pesanti della malattia.

Corrado Ricci