Delitto di piazzale Ferro, ancora ergastolo Pena confermata per il sottufficiale Ruggiero

Riconosciuta in Corte di Appello la premeditazione da parte dell’uomo che l’11 marzo 2019 uccise a colpi di pistola Vincenzo D’Aprile

Non un delitto d’impeto, ma premeditato. Per questo l’omicida merita l’ergastolo. Anche se le motivazioni ancora non ci sono, si può sintetizzare così la sentenza della Corte d’assise d’Appello di Genova pronunciata nella tarda mattinata di ieri, dopo due ore di camera di consiglio, nei confronti di Francesco Ruggiero, il sottufficiale dell’Aeronautica che l’11 marzo 2019 sparò a Vincenzo D’Aprile in piazzale Ferro a Fossitermi. Per lui è stato confermato il carcere a vita, come gìà aveva deciso il 29 giugno 2021 la Corte d’Assise della Spezia presieduta da Diana Brusacà con giudice a latere Marta Perazzo. Il processo di appello era iniziato il 12 luglio scorso, quindi la sentenza è arrivata in tempi relativamente brevi.

Gli avvocati della difesa Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane, e Maria Concetta Gugliotta hanno cercato di far leva sulla tesi del delitto d’impeto, ma la corte ha avvalorato invece la premeditazione sostenuta con forza dagli avvocati della parte civile Andrea Corradino e Silvia Rossi, in rappresentanza della moglie, dei figli e del fratello di Vincenzo D’Aprile. L’allora sottufficiale dell’Arma azzurra pianificò con lucida determinazione l’uccisione, non un gesto d’impeto per paura di un’aggressione. Un delitto meditato: cinque colpi di pistola contro il rivale in amore, dopo il bacio di questo alla moglie ritrovata, ex amante del militare; uno sparato dall’interno dell’auto, gli altri fuori dalla vettura, di cui uno letale, dall’alto verso il basso, come un’esecuzione. La pistola era una Glock calibro 9. "L’avevo con me perché quel giorno volevo andare al poligono di Sarzana", era stata la prima giustificazione. "L’avevo sempre con me perché avevo paura di D’Aprile", si era poi corretto, dopo aver appreso che il poligono di tiro quel giorno era chiuso.

La corte presieduta da Annaleila Dello Preite con giudice a latere Maria Gavina Meolni, ha deciso di riascoltare i periti dell’accusa, il medico legale Gabriele Rocca e lo psichiatra Pietro Ciliberti, e anche il consulente della difesa, il professor Pietro Pietrini direttore dello Imt di Lucca, che aveva diagnosticato la presunta ’infermità mentale’.

Massimo Benedetti