
Di quella battaglia tragica ed eroica ricordava sempre le tante giovani vite spezzate, ragazzi come lui mandati al massacro con una baionetta contro i mezzi corazzati inglesi e sotto una pioggia di bombe. Montello Fratoni, sopravvissuto all’inferno di sabbia e fuoco di El Alamein, non aveva dubbi ogni volta che qualcuno gli chiedeva di raccontare la ‘sua’ guerra. Spezzino, classe 1919, tra gli ultimi reduci di quel capitolo dell’epopea militare italiana ancora oggi assurto a esempio di eroismo, si è spento l’altro ieri alle soglie dei 102 anni.
Una vita piena che neppure l’orrore della guerra – conosciuta appena ventenne – ha incrinato, e quella passione del mare che fin dall’infanzia lo aveva avvicinato alla mitilicoltura, settore di cui fu tra i protagonisti sin dal secondo dopoguerra. D’altronde, a reste e reti Montello, originario del Limone, si era avvicinato giovanissimo, prima di interrompere l’attività proprio per sostenere la leva militare tra le fila del Regio Esercito. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale cambiò le prospettive di un’intera generazione di giovani, Montello compreso: arruolato come carrista, nel 1942 venne inviato in Egitto, dove prese parte alla tragica battaglia, punto di svolta nella campagna del Nordafrica che vide fronteggiarsi le forze dell’Asse dell’Armata corazzata italo-tedesca comandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, e l’ottava Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery. Diciassettemila, secondo i dati del ministero della Difesa, furono i soldati italiani che persero la vita in quel combattimento impari.
Montello Fratoni sfuggi alla morte, sorte che era toccata a tantissimi suoi compagni di plotone, ma fu fatto prigioniero dagli inglesi e internato per anni nei campi di prigionia in Algeria. Per anni non si hanno sue notizie, anche perché nessuno aveva comunicato alla famiglia Fratoni quale fosse stata la sua sorte, nonostante in molti all’epoca ne sostenessero la morte in battaglia. Tornò alla Spezia solo a guerra terminata. "Partì che aveva 19 anni, tornò che ne aveva ormai 27" ricorda Bruno, figlio di Montello, che del giorno in cui il padre tornò a casa conserva un aneddoto: "Si era presentato davanti a casa dei suoi genitori al Limone, ma subito non ebbe il coraggio di bussare alla porta, per timore di provocare loro un crepacuore – ricorda il figlio Bruno –. Solo più tardi, dopo aver chiesto a un passante se i Fratoni abitassero ancora lì, prese coraggio e bussò. Cosa raccontava della guerra? Parlava sempre dei tanti suoi coetanei mandati a morire con le baionette contro i mezzi corazzati, dei suoi compagni morti inutilmente". Alla Spezia, Montello riannoda il filo della sua vita e quello… delle reste per la coltivazione dei muscoli, abbandonate anni prima.
Mette su famiglia, la moglie Jolanda, i figli Bruno e Marina. I mitili diventano il suo lavoro, negli anni Settanta è tra i fondatori della Proletaria, coop di milicoltori, ed è tra i principali produttori del Golfo. Passione e dedizione lo portano in mare fino a 94 anni, e sono le stesse tramandate al figlio Bruno, anch’egli mitilicoltore. "Aveva una grande passione per il mare e una grande cura per la professione. Ha smesso a 94 anni, ma sono sicuro che se non avesse avuto qualche acciacco, sarebbe rimasto ancora in mare" dice il figlio Bruno. I funerali di Montello si terranno oggi pomeriggio alle 15 nella chiesa di Santa Teresa al Limone.
Matteo Marcello